«Sa come si dice a Napoli?»
Come si dice, Rossella?
«Tu vuò fa’ l’americano. Provi a immaginare Fiorello che fa il verso a Bocchino e gliela canta».
Carlo Rossella, presidente della Medusa, ex direttore del Tg5 e di Panorama e arbiter elegantiarum, boccia il new look brevettato e ossessivamente sfoggiato dal luogotenente finiano in queste ultime settimane: camicia e cravatta a Porta a Porta, camicia e cravatta in Parlamento, camicia e cravatta ovunque. Soprattutto, davanti ad ogni oggetto che assomiglia ad una telecamera.
Rossella, ma che fine ha fatto la giacca di Italo Bocchino?
«Sembra che gliel’abbiano rubata».
Chi? Dove?
«In pizzeria, a Napoli, quartiere Pallonetto».
Lui se la toglie di proposito.
«Ma non gli dona. Per sfilarsi la giacca ci vuole il fisico: almeno un metro e 80 di altezza. Obama, per capirci».
E Bocchino non può seguire il Presidente americano?
«Faccia pure, ma il risultato non è dei migliori: Bocchino sembra ancora più basso, compresso, insaccato. E poi fa provinciale».
Un disastro?
«Non ho finito. Questo look non porta bene, non ha mai portato bene. Ad inventare questo stile fu Kennedy, poi, dopo la sua scomparsa, i democratici lasciarono perdere. È stato Obama a rilanciare quella moda smarrita, ma Obama è alto, ha il fisico dell’ex giocatore di basket, e adesso che si va verso il freddo il presidente Usa si rimette la giacca. E pure il parka. La camicia va bene d’estate, quando fa caldo».
D’inverno?
«Non è adatta. Vedrà che l’Obama in maniche di camicia diventerà un filmato di repertorio».
Ciclo finito?
«A novembre perderà sicuramente le elezioni di mezzo termine. E si ripenserà, non solo per via del clima rigido».
Insomma, aleggia una sorta di maledizione su chi ripone la giacca nel guardaroba?
«È la storia a dircelo».
Ci sarà qualche altra icona controcorrente in un mondo sempre più piccolo e globalizzato.
«Chi? Sarkozy?»
Non mi pare.
«Ma no, Sarkozy è sempre, o quasi, in giacca. Come Zapatero. E con lui tutti gli altri leader mondiali. E pure, ad essere pedanti, il suo capo».
Ovvero Fini. Ma ci sarà pure da qualche parte lo spazio per creare un terzo polo del look.
«No, la strada è stretta. Salvo interpretare una parte drammatica. E rischiosa. Esposta, assai esposta».
Quale?
«Assurgere a capo dei descamisados».
Non credo sia l’intendimento del capogruppo futurista.
«A meno che Bocchino non sia suggestionato dall’eterno mito di Peron».
Lei scomoda addirittura il leggendario presidente argentino?
«Certo, Bocchino potrebbe pure mettersi a capo di un movimento di descamisados, come Juan Peron. Però gli manca Evita e pure quella volta non finì benissimo».
Lo cacciarono.
«Appunto. In ogni caso, io credo che l’idea di Bocchino non sia di prima mano».
È il frutto di una mediazione sartoriale?
«Lui ha imitato Obama attraverso Riotta».
Gianni Riotta?
«Sì, che quando era direttore del Tg1, faceva tutto in maniche di camicia. Ma Riotta sembra un giornalista americano, già dal taglio dei capelli».
Manca solo che parli inglese. Bocchino?
«Lasci perdere.
E se dovesse insistere?
«Potrebbe finire con Fiorello che gli canta Tu vuò fa’ l’americano. Ma vedrà che qualcuno saprà dargli il consiglio giusto. Prima che diventi l’Obama de noantri».
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