Ruby non sposta voti: la gente sceglie con la testa

Il Giornale l’aveva già scritto qualche giorno fa, e dopo il tempo necessario a metabolizzarla anche il Corriere della Sera ha messo in prima pagina la sconvolgente notizia. Silvio Berlusconi regge nei sondaggi. Il caso Ruby non sposta nulla nell’elettorato. Gli italiani saranno pure «turbati» per le allegre nottate del Cavaliere, magari non sempre condividono i suoi attacchi alla magistratura, sicuramente sono incuriositi dall’ondata di gossip che tracima da stampa e tv (come dimostrano le vendite dei giornali e gli ascolti dei programmi televisivi di informazione); tuttavia, se dovessero essere chiamati alle urne voterebbero di nuovo Berlusconi, come prima. Il popolo, la gente normale dà fondo alla curiosità, a volte pure alla morbosità, ma al momento cruciale di scegliere da chi vuole essere governata preferisce ancora lui.
Tutte le società demoscopiche sono concordi. Non ci sono differenze tra le statistiche elaborate da Euromedia research di Alessandra Ghisleri, l’istituto di fiducia del premier, o da Nando Pagnoncelli, il sondaggista di Ballarò, e neppure dal professor Paolo Natale di Ipsos che aggiorna regolarmente i lettori di Europa, l’organo dei centristi del Pd. Il martellamento giudiziario sul Ruby-gate e la violenta campagna mediatica conseguente non hanno intaccato le intenzioni di voto e gli indici di fiducia. Il consenso di cui gode Berlusconi è inalterato. Il Corriere scrive che è «un paradosso». Il ceto intellettuale del Paese e il Palazzo non se ne capacitano.
Eppure basterebbe un po’ di sano realismo per capire come stanno le cose. Lo stesso Natale, che alla Statale di Milano insegna Analisi dei sondaggi, rileva la «mancanza di una credibile alternativa». Vecchio discorso: tolto di mezzo Berlusconi, chi resta? Nessuno. Così ragionano gli italiani, invece a sinistra non vogliono prenderne atto. Piuttosto che strutturarsi come «credibile alternativa» al leader del centrodestra preferiscono sguazzare nel fango delle intercettazioni hard.
Lo sbando della sinistra non è però sufficiente a spiegare compiutamente l’atteggiamento degli elettori. C’è dell’altro, che gli stessi sondaggisti hanno rilevato. Per esempio il caso Mirafiori, che tocca la vita, il lavoro, il destino di migliaia di famiglie molto più che i passatempi boccacceschi del premier. Il referendum sul nuovo contratto di lavoro alla Fiat ha danneggiato gravemente il Pd a favore di Nichi Vendola, che ha tentato goffamente di emulare Enrico Berlinguer davanti ai cancelli dello stabilimento di Torino, ma almeno è stato l’unico politico di sinistra a dimostrare vicinanza a quel 46 per cento di operai contrari a Marchionne.
È la realtà «vera», non il gossip libertino o le ipocrite crociate moralizzatrici, a determinare il consenso. Il lavoro, la crisi, il potere d’acquisto, la scuola, la sanità: su questi temi si gioca il giudizio su un politico e il suo partito. Il pragmatismo, le questioni importanti che determinano le condizioni della vita quotidiana prevalgono sui preconcetti ideologici e perfino sulle discutibili abitudini private. Berlusconi viene premiato perché in questi anni ha guidato con perizia l’Italia nella burrasca della crisi economica, perché il suo governo è riuscito a varare riforme nella pubblica amministrazione, nella scuola, nell’università, e ora, nonostante tutto, si appresta a quell’autentica rivoluzione che sarà il federalismo fiscale. Non è un fenomeno soltanto italiano. Negli Stati Uniti il gradimento del presidente Obama oscilla quando vara la grande riforma della sanità. In Gran Bretagna i laburisti vengono bastonati perché sbagliano ricette nell’affrontare le speculazioni finanziarie. In Spagna il premier Zapatero vacilla non per le leggi sui gay ma per l’insipienza nel governare le finanze pubbliche.
In Italia è lo stesso. Per una volta ha ragione Concita De Gregorio, direttore dell’Unità che da Santoro difende un «paese reale» molto diverso da quello che viene scorrettamente rappresentato (anche all’estero) alla luce delle veneri private di Arcore.

Peccato che proprio la sinistra da anni si scagli contro questo «paese reale» di qualunquisti e reazionari, di beoti ammaestrati dalle tv del premier. E che continui a puntare sulla credibilità delle escort piuttosto che su quella del Pd.

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