Rugby

«Visto che finale?». La sera del 19 marzo di cinquant’anni fa, Vincenzo Torriani dissimula la delusione per avere inavvertitamente tagliato le gambe al povero Gastone Nencini. Con la scusa di rendere più dura la vita a velocisti del calibro di Miguel Poblet e Rik Van Looy, Torriani pensa al Poggio per rallentare la corsa e renderla più abbordabile anche a chi velocista non è. Quel giorno il grande «patron» aveva visto realizzato un perfetto trampolino di lancio. Quella breve deviazione dall’Aurealia verso l’interno, all’altezza di Capo Verde, pareva fatta apposta per la Sanremo.
È uno dei grandi simboli del ciclismo mondiale. Più che un monumento una montagna, diciamo pure un colle, o meglio ancora una collinetta: un Poggio. Ieri ha compiuto cinquant’anni, mezzo secolo di storia e di storie, che sono passate di qui, a tutta velocità, con il fiato corto e il cuore in gola. Il pavé della Roubaix, le côtes della Liegi, i muri del Fiandre, il Poggio della Sanremo. Punti di riferimento, segni distintivi. Un simbolo più forte del tempo e di chi in questi anni ha anche pensato di vincere il premio Portobello e spianarlo come quel tale che voleva far fare la stessa fine al Turchino per combattere la nebbia in Val Padana.
Cinquanta primavere, mezzo secolo di su e giù, dalla frazione a levante di Sanremo, nel gran finale della corsa più lunga del mondo. Su per 3,7 chilometri, giù per 3,3. Dopo 288,1 chilometri di corsa. Su con una pendenza media del 3,7% e una massima dell’8 a mille metri dall’imbocco della discesa (fatta di 5 tornanti e sei curve). Dallo scollinamento mancano poco più di sei chilometri (6,2 per l’esattezza) all’arrivo sul lungomare Italo Calvino. Media record di Giorgio Furlan nel 1994. In soli 5’45” il veneto si beve i 136 metri di dislivello. Passa con 15” di vantaggio sui più immediati inseguitori e da allora più nessuno è riuscito ad arrivare al traguardo da solo, dopo una stoccata portata sul Poggio. Se è per questo, negli ultimi quindici anni, nessuno è più riuscito a stare sotto i sei minuti (media superiore ai 37 km/h).

Dal 1960 ad oggi, l’ascesa al Poggio ha deciso direttamente solo dodici edizioni della corsa: Privat, Poulidor, Daems, Merckx due volte, Raas, Saronni, Fondriest e Furlan. Molti, moltissimi si sono illusi di averla vinta, prima di essere stati risucchiati dal gruppo. Il Poggio è così, sembra poca cosa, ma dopo 300 chilometri di corsa, anche il Poggio diventa un Izoard.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica