Ignazio La Russa è amareggiato, sia sincero.
«Orgoglioso se mai!».
Lei era triumviro del Pdl.
«Ancora lo sono».
Ma adesso è più un ruolo di garanzia...
«Garanzia
di una svolta eccezionale. Io non capisco. Avete iniziato tutti a
parlare di primarie, dando per acquisito un fatto incredibile come
l’indicazione all’unanimità di Angelino Alfano a segretario (...) politico del Pdl».
Diceva dell’orgoglio.
«Doppio: ci si aspettava l’implosione, ma invece di deprimerci o
restare a leccarci le ferite ci siamo immediatamente risollevati. E
poi sul piano umano: io, con Gasparri e gli ex An, non ci siamo
limitati ad accettare la segreteria di Alfano, siamo stati fra i
fautori di questo passaggio».
Avreste potuto mettervi di traverso.
«O sulla difensiva».
Lui diceva: lascio la Giustizia solo con l’accordo di tutti.
«Lo abbiamo incontrato prima della nomina. Altri avevano perplessità, noi lo abbiamo spronato compatti ».
Quindi non si sente esautorato o sconfessato.
«Anzi. Credo che il consiglio nazionale che deve ratificare la sua
nomina debba tenersi al più presto, anche se capisco che voglia
aspettare i due decreti importanti sulla giustizia».
Lei ha 64 anni.
«Sono 63, grazie».
È a suo agio in un partito guidato da un 40enne?
«Io do il meglio di me fra i giovani, ho passato il 2 giugno con 2000 ragazzi della mini naia. Sa che cos’è la mini naia?».
Sì, ministro, ma altra cosa è avere a che fare con la carica dei 40enni che reclamano il loro turno ...
«E va bene, sa che cosa? Sarei stato a disagio se avessero nominato un mio coetaneo: se Alfano avesse avuto 58 anni non mi sarebbe parsa una scelta lungimirante».
Che so, un Formigoni, un Tremonti...
«Non a caso le parlo di leadership del partito e non di premiership,
ruolo cui anche i due leader che ha citato possono giustamente
aspirare ».
La svolta Alfano è l’inizio dell’era post-Berlusconi?
«Al contrario. Il gollismo è nato con De Gaulle, ma è vissuto anche
dopo. Ecco: questo è il passaggio da un partito che poteva nascere e
morire con Berlusconi a un partito che, grazie alla leadership forte
di Berlusconi, sa guardare oltre l’orizzonte».
C’è chi ci vede la Dc, oltre l’orizzonte.
«La Dc è stato il più grande partito del dopoguerra, ha fatto ripartire
l’Italia, da quella esperienza c’è molto da imparare. Neppure i miei
padri politici, che li avversavano, hanno mai messo in discussione
le qualità e l’importanza del lavoro di leader come De Gasperi».
Se ci abbandona pure La Russa moriremo democristiani ...
«Voglio dire esattamente l’opposto. Il Pdl ha imparato da molte
esperienze: al Psi va riconosciuta la grande capacità di innovare le
istituzioni, mentre la voglia di non arrendersi mai è un’eredità del Msi. E poi i liberali... ».
Intanto Scajola cuce con l’Udc.
«Ma io dubito che Claudio voglia rifare la Dc: ricreare un’alleanza con
il centro cattolico non è rifare la Dc, è ricomporre il centrodestra
storico, quello di Berlusconi, ha
un senso».
Vale anche per il Fli?
«Col Fli non si tratta di ricomporre, perché non è mai stato di centrodestra».
Sono usciti dal Pdl ...
«Girala come vuoi, ma il Fli è nato guardando a sinistra e lo ha dimostrato ai ballottaggi. Altra cosa è aprire la porta a chi di loro volesse tornare».
Una parte del Pdl lamenta che il centrodestra ha perso Milano e Napoli perché Berlusconi non piace più.
«Quando perdi città come Milano non puoi dare interpretazioni così
semplicistiche e banali. Dopo 20 anni è chiaro che Berlusconi non può
più essere motivo di speranza, come era nel ’94, ma deve dare
risposte. Solo che qui serviva un miracolo».
È lui l’uomo dei miracoli...
«Ah ah, sì, ma era pressato dalla crisi economica e dall’accanimento
giudiziario, con l’aggravante dell’attacco mediatico! E comunque io
dico che senza di lui le elezioni sarebbero andate peggio ».
Quindi nel 2013 ci sarà ancora lui?
«Di certo la leadership sarà sua. Secondo me pure la premiership, anche se nulla gli vieta di proporre un nome diverso».
Tanto adesso avete scoperto anche voi le primarie...
«Questo dibattito sulle primarie è prematuro. E mette in ombra la grande svolta che è la nomina di Alfano».
Ma è Alfano che ha iniziato, promettendo «più primarie per tutti».
«Allora definiamo cosa sono le primarie: elezioni che precedono altre elezioni».
Quindi?
«Ha senso farle sui candidati alle urne. Ma la selezione della
classe dirigente è cosa diversa: può avere modalità simili, ma
spetta agli iscritti ».
Beh, ovvio.
«Mica tanto. Le regole devono essere chiare. Vogliamo coordinatori
provinciali e cittadini scelti dal basso? Bene. Ma da un basso che
abbia a cuore il partito. Poi possiamo discutere di facilitare le
iscrizioni: oggi la tessera costa 20 euro e ci vogliono tre mesi per
avere diritto di voto, bene, facciamo 2 euro e tre giorni. Ma non
chiamiamole primarie».
Da 63enne, un consiglio al giovine Angelino?
«Di momenti difficili ne ho vissuti molti in
politica e so che la
coralità è la miglior risposta. Alfano continui come è partito:
innovando senza distruggere, con la massima condivisione possibile».
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