La Russia chiede agli Usa un patto di non aggressione

Dopo l’annuncio americano di voler installare due basi del nuovo scudo spaziale in Polonia e Repubblica Ceca

Un accordo di non aggressione con gli Stati Uniti. Lo chiede la Russia di Vladimir Putin dopo che Washington ha annunciato l’intenzione di dispiegare in Polonia e nella Repubblica Ceca un nuovo sistema antimissile. Un alto funzionario del ministero degli Esteri di Mosca, Aleksandr Kramarenko, ha indicato ieri le linee della politica russa nei confronti del futuro «scudo spaziale» americano: «La Russia - ha detto - è orientata a continuare il dialogo con gli Stati Uniti per lavorare ad accordi vincolanti che garantiscano che il reciproco potenziale militare non venga usato l’uno contro l’altro».
Traducendo il messaggio, Mosca non fa che esplicitare il proprio storico timore dell’accerchiamento. Restia ad accettare che la libera adesione alla Nato di Paesi un tempo sottomessi al suo potere imperiale (per esempio le tre Repubbliche baltiche, la Polonia e la Repubblica Ceca, ma anche tutti gli altri ex Paesi membri del Patto di Varsavia) non sia un passo ostile nei suoi confronti, ma semmai una comprensibile cautela di quegli stessi Paesi oggi gelosi della loro indipendenza, tenta in ogni modo di ostacolarne l’integrazione nelle strutture militari occidentali (e non solo in quelle). Non di rado questi ostacoli prendono la forma di intimidazioni, espresse talora anche dai vertici delle forze armate russe.
Dopo l’11 settembre 2001, gli Stati Uniti hanno «investito» sempre di più sui nuovi Paesi membri della Nato, quelli ex comunisti dell’Europa orientale, giudicati più fedeli alla guida americana dell’Alleanza atlantica e più motivati a sostenerla con i fatti. Varsavia, che ha assunto ruoli militari di primo piano in Irak e in Afghanistan, e Praga si sono dimostrate particolarmente disponibili ed è a loro che Washington ha chiesto di poter installare due basi di intercettazione dei missili che fanno parte del nuovo progetto di scudo spaziale. Il Pentagono ha spiegato il progetto come diretto a impedire a «Paesi canaglia» come l’Iran e la Corea del Nord di colpire l’Europa, ma Mosca sostiene di non fidarsi. Proprio ieri l’addetto militare polacco a Mosca Andrzej Lewandowski ha spiegato che la decisione di costruire una delle due basi in Polonia non è ancora stata presa. Ma in caso affermativo, ciò non accadrebbe prima di cinque-sette anni.
I rapporti tra Russia e Nato, nonostante questi seri problemi, continuano anche a livello ufficiale e, entro certi chiari limiti, anche operativi. Mosca fa parte del folto gruppo di Paesi membri della partnership con l’Alleanza atlantica, il che significa tra l’altro che ciclicamente vengono compiute esercitazioni militari comuni. E il prossimo 27 febbraio il viceministro della Difesa russo parteciperà regolarmente a Vilnius, in Lituania, alla periodica riunione del gruppo di lavoro Russia-Nato. Ma allo stesso tempo Putin cerca di contrastare le aspirazioni di Paesi come la Georgia o l’Ucraina ad entrare come membri a pieno titolo nella stessa alleanza militare cui collabora.

E non rinuncia a esercitare pressioni di vecchio sapore imperiale anche su altri Paesi vicini ormai da tempo passati a quello che comunque a Mosca continuano a considerare «l’altro campo». Ultimo caso quello dell’Estonia, duramente criticata per la sua decisione di rimuovere il monumento al soldato sovietico: quello stesso soldato che per mezzo secolo l’aveva oppressa.

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