Mosca - Putin voleva un trionfo e i russi, che ieri si sono recati alle urne per le legislative, glielo hanno dato. Il nuovo Parlamento è dominato dal partito presidenziale, Russia Unita, che secondo gli exit poll ha ottenuto tra il 61 e il 63% dei consensi. Altri due partiti hanno superato lo sbarramento del 7%: i comunisti (11,5%) e i liberal-democratici del solito Zhirinovsky (9-10%). Potrebbe farcela per un soffio anche Russia Giusta, formalmente di sinistra, in realtà affiliata al Cremlino, accreditata del 7,2%. Anche l’affluenza alle urne è stata eccezionale, oltre il 60%, e nettamente superiore al 55% di quattro anni fa. Ora Putin può affermare di essere il legittimo rappresentante della nazione e avviare così le manovre per restare l’uomo forte della Russia anche quando scadrà il secondo e ultimo mandato, nel marzo 2008.
È andato tutto secondo copione, ma a un prezzo altissimo: la credibilità del Paese. «Queste sono state le elezioni più disoneste di sempre», ha dichiarato Boris Nemtsov, leader del partito liberale Sps, che ha ricevuto l’1,5%. «Roba da Unione Sovietica», ha tuonato Garry Kasparov, capo del movimento Altra Russia (nemmeno ammesso in lista), che ieri ha annullato la scheda davanti ai giornalisti; mentre il comunista Ghennady Ziuganov annuncia azioni di protesta contro «questo gigantesco furto di voti». E verosimilmente non esagera.
Oltre 4mila irregolarità sono state segnalate alla «linea rossa» della commissione elettorale, molte di più sono apparse sui siti Internet. D’altronde per cogliere il clima bastava recarsi nella maggior parte dei seggi di Mosca, dove le cabine elettorali sono state ridotte a scranni senza tendine, con paratie basse e collocate a breve distanza dai commissari: anche volendo, per l’elettore era difficile proteggersi dall’invadenza di chi - presidenti di seggio e osservatori - avrebbe dovuto garantire la regolarità del voto.
Già, gli osservatori: molti dell’opposizione sono stati respinti, con svariati pretesti. Un’attivista dell’Sps ha raccontato alla radio Eco di Mosca di essere stata fermata all’entrata «perché i documenti non erano in regola: mancava il permesso della commissione centrale». E quando lei ha fatto notare che i due membri di Russia Unita erano stati ammessi senza autorizzazione, si è sentita rispondere: «Loro non ne hanno bisogno».
Nelle regioni periferiche è andata peggio. In alcuni ospedali i malati sono stati ricattati: apporre una X sul Partito di Putin o niente medicine. In una sezione del Baskortastan si sono recati alle urne 23 cittadini, ma le schede scrutinate sono risultate 121. A Saratov i permessi per votare fuori sede si sono miracolosamente moltiplicati e gruppi di elettori hanno partecipato a singolari tour elettorali a bordo di autobus che li hanno portati da un seggio all’altro. Ognuno di loro ha votato fino a venti volte.
Altrove, di buon mattino, alcuni presidenti di sezione si sono rifiutati di aprire le urne per permettere di verificare che fossero vuote, come prescrive la legge. Ad Amur i commissari, presi dal panico per la scarsa affluenza, si sono recati nei condomini costringendo la gente a votare a domicilio. E così via.
Ma Russia Unita avrebbe vinto anche se le elezioni fossero state regolari? La risposta è sì. Nonostante l’inflazione galoppante, Putin continua a essere popolare. Il punto è che ieri non poteva accontentarsi di un risultato simile al lusinghiero 37,6% di quattro anni fa: aveva bisogno di un plebiscito per continuare a essere, zar senza corona, l’uomo forte del Paese. Con quale ruolo istituzionale nessuno ancora lo sa. Lo scenario più accreditato è quello di uno scambio di ruoli con il premier Zubkov, che verrebbe proiettato al Cremlino, mentre lui assumerebbe la guida del governo. Zubkov ha quasi 70 anni ed è amico intimo di Vladimir, che però non ha ancora deciso se può davvero fidarsi di lui. C’è chi ipotizza la creazione di una nuova carica suprema, di «leader nazionale», e chi invece sostiene che verrà modificata la Costituzione per permettere a Putin un terzo mandato. In fretta, però: il 23 dicembre scade il termine per le candidature alle presidenziali del 2 marzo 2008.
Ieri Putin appariva di ottimo umore e si è concesso un pranzo fuori programma in un ristorante di cucina siberiana, spiazzando il Kgb, che non ha potuto compiere i consueti controlli anti avvelenamento.
Ha fiducia e vede un grande avvenire per sé e per il Paese; contrariamente a Kasparov che, dopo aver dichiarato «da oggi comincia la dittatura», oggi pomeriggio depositerà un mazzo di fiori davanti alla sede del Comitato elettorale in segno di lutto per la scomparsa della democrazia russa./blog.ilgiornale.it/foa
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