«Sì al confronto, l’opposizione dura e pura è inutile»

Il senatore veltroniano Tonini: «I centralisti del Pd e il Sud si rassegnino: non divideremo mai il Senatur dal Cavaliere. Non ci resta che giocare d’attacco e migliorare la riforma»

nostro inviato a Firenze

«Lo abbiamo detto per tutta la campagna elettorale: le riforme che servono al bene del Paese vanno fatte, e vanno fatte insieme». Il senatore Giorgio Tonini, dirigente del Pd assai vicino a Walter Veltroni, trova «poco brillante» la scuola di pensiero, presente nel suo partito, che vorrebbe asserragliarsi nella «opposizione dura e pura, anche sul federalismo, lasciando che la maggioranza se la veda da sola, nella speranza che magari finisca per dividersi».
Dunque sì al dialogo e, se possibile, alla collaborazione, come chiede Bossi?
«A Bossi ovviamente conviene corteggiarci e giocare su più tavoli: gli serve a vincere le resistenze nella maggioranza, a ottenere quel che vuole in tema di federalismo da Berlusconi, e ad avere più potere contrattuale nel suo schieramento, dimostrando di poter aprire più forni. Ma sarebbe ingenuo e sbagliato, da parte nostra, pensare di usare il rapporto con la Lega in chiave anti-Berlusconi, nella speranza di staccare Bossi dal Cavaliere. Non illudiamoci. Pensiamo piuttosto al merito della riforma».
Che è positivo?
«Per come si sta delineando nelle discussioni di queste settimane, il federalismo fiscale può diventare un meccanismo virtuoso che porta ad una moralizzazione e ad una maggiore efficienza della spesa pubblica, a cominciare dal Sud, e ad una liberazione di risorse da investire nello sviluppo. Il passaggio dal criterio di “spesa storica” a quello di “spesa standard” è cruciale».
Perché? Ci faccia un esempio.
«Prendiamo la Sanità, che è un settore chiave: perché mai una Tac che costa, poniamo, 70 in Lombardia deve costare 100 in Calabria? C’è la buona probabilità che quel 30 in più finisca in malaffare, politico e clientelare. Ora, siamo d’accordo che le regioni del Sud hanno bisogno di più sostegno e di solidarietà, ma questo non può voler dire licenza di spreco dei soldi pubblici. Spesa storica significa che ogni anno lo Stato destina alla Calabria il budget dell’anno precedente aumentato di un tot. Spesa standard significa che lo stesso servizio deve costare la stessa cifra a Milano come a Catanzaro. In un periodo da stabilire, dunque, la Calabria dovrà far pagare quella Tac esattamente allo stesso prezzo della Lombardia. E poi c’è un altro capitolo poco citato ma importante».
Quale?
«La possibilità, prevista dalla nostra riforma del 2001, di assegnare più competenze alle regioni “virtuose”: per fare un esempio limite, se il Veneto volesse organizzarsi la scuola per proprio conto, lo Stato può concedergli per legge la gestione del settore, e trasferirgli per intero la quota di spesa destinata all’istruzione in quella regione. È il federalismo “asimmetrico” di tipo spagnolo, che fa andare avanti le regioni più forti senza penalizzare le altre».
Su questi punti si può trovare un’intesa tra governo e opposizione?
«Ci sono resistenze feroci al Sud e nelle regioni spendaccione, e divisioni trasversali in entrambi gli schieramenti: da noi come nel centrodestra ci sono anime più centraliste e anime più federaliste.

E nel Pd c’è chi pensa che la disponibilità al dialogo aiuterebbe troppo la maggioranza, cavandole le castagne dal fuoco. Ma mi pare un calcolo poco lungimirante da parte nostra: meglio giocare d’attacco, per migliorare la riforma. Ma partecipando».

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