Economia

Saglia: «Ok alla riforma della golden share»

Saglia: «Ok alla riforma della golden share»

All’Europa non piace la golden share. L’Italia ha un mese di tempo per modificare le norme che consentono allo Stato di mantenere poteri speciali nelle società strategiche, come Enel, Eni, Telecom Italia e Finmeccanica. Altrimenti scatterà il deferimento del nostro Paese alla Corte di giustizia europea. Questo perché, secondo la Commissione di Bruxelles, la golden share rappresenta una «restrizione ingiustificata alla libera circolazione di capitali». E solo l’impegno del neo premier Mario Monti di risolvere la questione entro breve tempo ha consentito il congelamento del ricorso.
«Ma rispondere all’Europa non significa che si debba per forza dire sì o no - spiega Stefano Saglia, capogruppo Pdl della commissione Attività produttive della Camera, promotore di una risoluzione sull’argomento -; si può individuare la possibilità di mantenere dei poteri speciali per lo Stato, anzi si deve. Credo, infatti, che in questo momento di crisi sia necessario prestare attenzione soprattutto alle aziende a carattere strategico, che rischiano di essere preda della speculazione, favorita dal deprezzamento in Borsa. Ecco perché, insieme a Beatrice Lorenzin (Pdl), ci facciamo promotori di questa risoluzione, che verrà presentata in commissione Finanza probabilmente già domani».
Una proposta che impegna il governo a trovare strumenti legislativi per «rimodulare» la golden share in linea con le osservazioni della Commissione europea: «La critica di Bruxelles si riferisce soprattutto alla genericità delle disposizioni: occorre quindi spiegare il funzionamento dei poteri speciali dello Stato, secondo criteri oggettivi e precisi, e allora si potrà aprire uno spiraglio- prosegue Saglia -. Su questo, noi vogliamo offrire un indirizzo al governo Monti, che potrà così dimostrare che non è sua intenzione “fare i saldi” con le aziende pubbliche. É vero, infatti, che la vendita delle quote di Stato porterebbe denaro fresco, ma non dimentichiamo che si rinuncerebbe ai dividendi, somme da 4 o 5 miliardi l’anno, che vanno a vantaggio del debito pubblico». Non sarebbe il primo restyling dell’«azione dorata»: già il governo Berlusconi, con la Finanziaria del 2004, aveva realizzato una riforma dei poteri speciali, anche allora sotto la spinta dei rilievi formulati dalla Commissione europea. Restano però i punti chiave, primo tra tutti la possibilità concessa allo Stato di porre il veto nelle decisioni più importanti, quando siano considerati a rischio gli interessi strategici fondamentali del Paese.
Un tema che sta molto a cuore anche agli altri Paesi europei, come la Francia, che già da tempo prevede per legge la protezione dei settori strategici dell’industria nazionale, ad evitare che finiscano in mani straniere: «Primo tra questi è l’energia - ricorda ancora Saglia - come dimostra la vicenda della mancata opa di Enel su Suez, evitata dal governo francese grazie alla fusione con Gas de France.

Non vedo, quindi, perché l’Italia debba abdicare senza condizioni alla tutela dei propri settori strategici».

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