Cultura e Spettacoli

«SAI XCHÉ?»: TUTTO TROPPO SBRIGATIVO

ROBERTO LEVI In fondo non ci vorrebbe poi molto. Basterebbe che Umberto Pelizzari non dicesse ogni volta: «Mi trovo a Barbados» (o ad Honolulu, ai Tropici o in qualche altro posto invidiabile della Terra) con l'aria e il tono di chi sottintende «..,e voi invece no!». O che Barbara Gubellini, sua compagna di avventure, facesse tagliare quelle parti di registrazione in cui gli intervistati si complimentano per qualche sua piccola prova di abilità pragmatica, quando magari è alle prese con l'analisi della lava o di altri materiali «scottanti». Poi, soprattutto, basterebbe che SaiXché? puntasse con maggior decisione su quelle domande sfiziose che sono il sale della trasmissione (ad esempio le ultime sentite nella scorsa puntata: perché si dice: hai fatto trenta fai trentuno? Perché l'acqua minerale gassata sembra disseti più di quella naturale? Perché ci si stringe la mano per salutarsi?) senza pretendere di essere un programma di divulgazione scientifica al pari di un Quark o della Macchina del Tempo. Su quel versante non può competere, e tuttavia ci sono ancora troppi momenti di questa trasmissione che cercano di spiegare in modo sbrigativo gli stessi argomenti che il pubblico è stato abituato a veder sviscerati con ben altra completezza e autorevolezza in contenitori televisivi più adatti alla circostanza. Come ad esempio l'origine dei terremoti, delle eruzioni vulcaniche, delle inondazioni, tutti aspetti che SaiXché? continua a cavalcare con accenti sempre molto ansiogeni, un po' alla Mario Tozzi, ma che non sono certo il punto forte del programma. Il bello di SaiXché? sono proprio i quesiti apparentemente buffi e spiazzanti, tutte quelle domande formulate in modo semplice e diretto che mettono in dubbio l'ovvio, il sapere tradizionale dato per scontato e acquisito, consentendo così al telespettatore di conoscere aspetti della cultura popolare che non vengono generalmente trattati negli altri programmi. È curioso, ad esempio, venire a sapere che la frase «Chi ha fatto trenta può fare trentuno» fu coniata da Papa Leone X nel 1517, quando ebbe finito di nominare trenta nuovi cardinali e si accorse di averne dimenticato uno altrettanto meritevole. Fu proprio con quell'espressione, entrata poi nel gergo comune, che si giustificò di fronte a chi si meravigliava dell'improvvisa e non prevista «aggiunta» di un cardinale all'elenco appena ufficializzato. Sono informazioni del genere che caratterizzano in modo personale SaiXché?, e in questo ambito andrebbero fatti più sforzi alla ricerca di domande stuzzicanti e di risposte che sappiano essere ancora più esaurienti, precise e ben motivate.

I terremoti e i disastri ecologici li si può tranquillamente lasciare a chi conosce meglio, e da più tempo, la materia.

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