Hanno dovuto fornire i dati personali alle forze dellordine, che li hanno addirittura identificati. E tutto per andare a lavoro, un impiego che non cè più, in un ospedale che non esiste più.
Ieri una sessantina di operatori del San Giacomo, medici e infermieri, sono stati costretti a superare le catene del cancello della struttura sanitaria, chiusa il 31 ottobre scorso, per timbrare il cartellino. Poi, hanno incrociato le braccia, e sono rimasti nel cortile senza far nulla. Alcuni sono in attesa di essere ricollocati in altri nosocomi, altri invece sono stati già assegnati al poliambulatorio di via Canova, i cui lavori devono essere ancora ultimati. «Il 31 ottobre - protesta Laura, infermiera che verrà trasferita a via Canova - la direzione sanitaria della Asl ci ha comunicato che dovevano venire qui a timbrare il cartellino. Eccoci. In attesa di sapere cosa fare e dove andare staremo tutto il turno senza fare nulla». «Anche i reparti sono chiusi con le catene, proprio come il cancello» aggiunge un infermiere. Lunico lavoro che hanno dovuto fare gli ex camici bianchi del San Giacomo in tutta la giornata, è stato quello di soccorrere un collega, colpito da una crisi epilettica. «È la terza volta in una settimana, - hanno spiegato mentre attendevano lambulanza - siamo tutti sotto pressione perché ancora non sappiamo che fine faremo e questo è il risultato».
Diversa la versione fornita dalla Asl Rm/A in una nota. «Il personale che tuttora presta servizio presso la struttura, circa 40 persone - si legge - è impegnato con la direzione sanitaria e amministrativa nelle operazioni di inventario di beni e macchinari presenti allinterno e sta procedendo allarchiviazione della documentazione esistente. Unoperazione complessa che è iniziata proprio questa mattina (ieri per chi legge, ndr.). Per quanto riguarda i 30 operatori destinati al presidio di via Canova, che aprirà il 15 novembre, alcuni sono stati temporaneamente assegnati presso altri presidi e in particolare al poliambulatorio di via Regina Margherita, altri usufruiscono di un periodo di congedo fino al 15 novembre».
«Chissà se a Londra e a Parigi, città che Marrazzo dice di emulare si dilettano a chiudere gli ospedali appena ristrutturati dimenticandosi il personale dentro - ha commentato Fabio Desideri, vicepresidente della Federazione dei Cristiano popolari e consigliere regionale del Lazio -. Medici veri nella struttura fantasma. Il commissario ne ha fatta unaltra delle sue. Venga a spiegarsi in Consiglio, invece di nascondersi».
«Sul sito regionale, tra laltro, appare lultima sua pensata - ha aggiunto -. Dice che il San Giacomo diventerà una sorta di Casa dei servizi sociosanitari integratì. Ma che bella idea. Cè addirittura un gruppo di tecnici che sta elaborando un progetto di fattibilità. Sorvolando sullaccozzaglia di retorica concentrata in poche righe, vogliamo sommessamente far notare che lospedale è stato chiuso perché costoso e difficilmente accessibile. Non si capisce perché, trasformato in casa sociosanitaria, diventi improvvisamente conveniente e facile da raggiungere. Ma il punto fondamentale è che era uneccellenza».
Ieri sul caso è intervenuto anche il sindaco Gianni Alemanno. «Il San Giacomo deve restare patrimonio di tutti e in particolare di tutti quelli che abitano il centro storico di Roma - ha detto il primo cittadino -. Non so niente in materia di delibere regionali.
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