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Sanchez e Sneijder: piedi buoni in fuga E l’Italia del calcio diventa un supermarket

Calciomercato: il nostro campionato è sempre più povero. Il cileno dell’Udinese è del Barcellona, il Manchester United offre 40 milioni per l’olandese dell’Inter. Come sono lontani i tempi di Zico e Maradona... Milan: tra Hamsik e Ganso sempre più possibile il ritorno di Kakà

Sanchez e Sneijder: piedi buoni in fuga  
E l’Italia del calcio diventa un supermarket

Sanchez passa dalla gubana alla crema catalana. Trattasi sempre di roba dolce ma, capirete, per un calciatore traslocare dall'Udinese al Barcellona ha davvero un gusto particolare. Anzi è il massimo dei desideri, specie per un sudamericano. Ma qui si vuole dire che il nostro campionato perde i pezzi migliori, come un museo che si vede privato di quadri, sculture, opere d'arte di pregio che vanno all'estero. Questo sta accadendo, rispetto ai favolosi anni Ottanta.
Sneijder piace un sacco al Manchester United ma Branca ha assicurato ieri che l'olandese non è cedibile, vedremo fino a quale zero, nel senso di cifra, l'inamovibilità del tulipano interista sarà tale, di certo se davvero gli americani di Manchester dovessero presentare una proposta di quaranta milioni di euro allora ritengo che Moratti possa trasformare il divieto in possibile accesso e probabile partenza.

Insomma gente illustre che va, popolo ordinario che arriva, tra l'euforia generale. Trent'anni fa, con la riapertura delle frontiere, l'Italia era un'isola del tesoro, il nostro campionato diventò la vetrina migliore, basta controllare l'album delle figurine di quel tempo, Rummenigge, Platini, Falcao, Cerezo, Socrates, Zico, Klinsmann, Briegel, Matthäus, Maradona, Careca, Junior, Van Basten, Gullit, Boniek, Rijkaard, Zidane, Nedved, Passarella, Ronaldo, Rivaldo, Souness, Francis, tutta gente illustre che serviva a riempire gli stadi e non tradiva il gioco. Oggi? Entusiasmo per Lamela, Cissè, Ziegler, Melo, Martinez, Biabiany, Mariga, Flamini, Alvarez, Inler, Klose, Bojan, tutta roba che, rispetto alla pinacoteca di cui sopra, mette tenerezza e suggerisce la domanda: ma dove sta la fregatura? Da nessuna parte. L'Italia da isola del tesoro è diventata lo scalo da evitare, la nostra immagine all'estero non è felice come quella di allora, scandali, violenze, qualità del gioco sono le note caratteristiche sulla nostra carta di identità calcistica.

Qualche imbonitore sostiene che la questione fiscale (più favorevole in Spagna o in Inghilterra) favorisca l'esodo e l'inversione di marcia ma è come ammettere che trent'anni fa da noi si pagassero meno tasse e nei siti di cui sopra, invece, ci fossero le fiamme gialle davanti all'uscio di casa. Non è così. Il professionista è innamorato del grande nome, Milan e Inter lo sono di certo, ma se può scegliere tra Madrid, Barcellona, Londra, Manchester e Milano, Torino, Napoli o Roma sa dove andare, non per turismo, ma per lavoro. E' duro ammetterlo, è amaro constatarlo ma le cose stanno esattamente così, la sbornia del mercato sudamericano, in queste settimane, conferma che i nostri operatori vanno dove si sogna. Scomparso, quasi improvvisamente, il bacino dell'est europeo, conclusa la leggenda russa, potrebbe spuntare quella turca, dopo gli scandali che stanno riempiendo le galere di Ankara, non ci sono più tulipani olandesi se non riciclati (Sneijder e Robben spediti altrove dal Real Madrid), degli inglesi non si fida nessuno e i francesi vivono lo spazio di un mattino, come Menez (ma Taiwo è una garanzia e Mourinho ha preso quel Varane di cui si parlerà e si scriverà).

Totale: il nostro album di figurine non ha lo stesso valore della collezione estate inverno degli anni Ottanta.

Vista la crisi non c'è da stare allegri, bastano un Inler mascherato da leone, un Cissè a Fiumicino, un Alvarez clandestino per eccitare il popolo affamato. Battuta finale scontata: finito il tempo delle mele non ci resta che Lamela.

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