Sanremo, ce n'è per tutti i gusti La sola cosa che manca è il rock

Qualità, glamour e talent. Da Vecchioni e Battiato a Pravo e Ferreri, un supercast riporta al centro la musica. Faranno discutere i brani di Tatangelo e Oxa. Morandi: "Scelte difficili"

Sanremo, ce n'è per tutti i gusti 
La sola cosa che manca è il rock

Ebbene sì, non è più il Fe­stival di una volta: annunciato il cast, regolarmente partiva il tirassegno delle critiche a pal­lettoni. Stavolta non si può: in gara c’ètutto,a parte il rock ma questa non è una novità, dai ammettiamolo, in fondo San­remo non è mai stato Wood­stock. La musica alta, quella sa­rà garantita dall’ Alieno di Luca Madonia e Franco Battiato, da Io confesso dei rinati La Crus, dal Vecchioni di Chiamami an­cora amore , dai 3 colori di Trica­rico e senz’altro dall’impreve­dibile (per il grande pubblico) Davide Van de Sfroos che can­terà in dialetto tremezzino, il cosiddetto laghèe , un brano ispirato alla figura che, forse an­cor meglio di Sandokan, con­ferma la ruvida e ironica lealtà di Emilio Salgari, ossia Yanez , l’incrocio corsaro tra Richelieu e Cola di Rienzo. Il glamour, si sa, è cosa per Patty Pravo, natu­ralmente Anna Oxa (con can­zone dal titolo ambiguo: La mia anima d’uomo ) e pure Raquel del Rosario, moglie di Fernando Alonso e superstar in Spagna, una tipa tosta che piace persino ai tostissimi astu­riani e che con Luca Barbaros­sa garantisce un bell’equilibrio tra scrittura e presenza sceni­ca.

E se si parla, per esempio, di tradizione, nessuno meglio di Al Bano, alla sua quindicesima volta, per di più con un brano che lui stesso ieri ha definito «contro la violenza sulle don­ne » e quindi già candidato al battimani corale. Lui dice: «Al testo scritto da Fabrizio Bellin­cioni ho aggiunto un po’ di poe­sia ». Poi, certo, da ex giudice di X Factor la Tatangelo (la sua Ba­stardo promette bene da tutti i punti di vista) introduce il ra­mo talent, che è più secco del prevedibile, visto che c’è solo Nathalie, appena incoronata appunto da X Factor. In fondo, Giusy Ferreri ha ormai una sua carriera più o meno consacra­ta e anche Emma cammina con le sue gambe visto che per di più si presenta con i Modà, la band quasi neorealista che è l’autentica rivelazione dell’an­no (e il prossimo vedrete). E persino il lato B del Festival, quello sempre inesorabilmen­te nascosto, ossia l’alternative o underground o chiamatelo come volete, è garantito dai ponderosi La Crus, uno dei po­chi gruppi che abbiano saputo distillare musica colta e mai troppo autoreferenziale. In­somma, chapeau (e anche Max Pezzali, con umiltà, si gio­ca il Mio secondo tempo ).

Sen­za dubbio, Gianni Morandi ha messo in piedi un cast da can­tante, mica da presentatore e si sarà fatto pure «molti nemici», come ha detto tempo fa, ma la qualità gli sorride. E Gianmar­co Mazzi battezza il suo mi­glior Sanremo dei sei che ha fi­nora confezionato in crescen­do. Se poi aggiungete le super­vamp del momento (Belèn e Canalis) e due incrociatori del­la risata come Luca e Paolo, la macchina è perfetta. Ai box, per ora. Poi in pista vedremo.

Di sicuro lo specchio della real­tà è questo, se volete è dramma­ticamente questo. In gara, per un pubblico di Raiuno non cer­to giovanissimo e per un mer­cato molto alterato dalle regole del web,c’è un parterre che fo­tografa l­a musica che gira intor­no a queste coordinate ( e atten­zione: tra i giovani ci sono an­che l’hip hop di Neks e il reggae di Anansi). Per farla breve, non si vedranno cose tipo i Lordi dell’Eurofestival, gruppo hea­vy metal finlandese vestito co­me uomini di Neanderthal, che ha un bel seguito folcloristi­c­o ma suona come i Twisted Si­ster nel 1982. E non c’è nean­che - ma come potrebbe ­l’avanguardia di rottura, i gio­vanissimi musicisti che, come si dice, sono ancora in cantina a fermentare nuova musica.

D’altronde non è un caso se Gianni Morandi - per capirci: nel 2011 festeggerà 49 anni di carriera, mica due - ha detto che «non pensavo fosse così im­pegnativo organizzare Sanre­mo ». Le regole dello show che par­tirà all’Ariston il 15 febbraio, in fondo, sono molto cambiate in molto poco tempo. Devono sempre passare, ovvio, sotto le forche caudine dell’Auditel, che impongono dosi massicce di pettegoli scintillii. E fare i conti con le sconfortanti lacera­zioni economiche della disco­grafia, che ha il fiato corto e sempre meno propensione a sfide ai limiti del rischio.

Per di più, ci sono esigenze di ritmo (obbligatorio essere martellan­­ti), di varietà (ci devono essere tanti temi portanti) e di trasver­salità (ormai la maggiorparte dei telespettatori può vedere tutti canali del mondo e quindi ha più termini di paragone). In­somma, non è facile. E neppu­re si può pretendere che tutta la musica inizi e finisca qui. Ma, insomma, qualcuno ha presente quanto siano patinati e volatili i Grammy Awards? Ec­co, non dimentichiamolo.

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