Santa Giulia, caccia alla tangente Spunta la valigia con 50mila euro

LA LIQUIDITÀ Al momento dell’arresto Grossi aveva con sé una grande quantità di denaro in contanti

La «fase due» entra nel vivo. L’inchiesta sulle bonifiche d’oro del quartiere Santa Giulia, in seguito alla quale sette persone sono state arrestate all’inizio della scorsa settimana, punta alle tangenti. Giuseppe Grossi, imprenditore a capo della Green Holding e per la Procura promotore del sistema di fondi neri che sarebbero stati riciclati all’estero per un totale di oltre 22 milioni di euro, è sotto inchiesta anche per corruzione. Al momento del suo arresto, Grossi aveva con sé una valigetta con 50mila euro in contanti, in biglietti da 500. E il sospetto degli inquirenti è che quel denaro fosse una «mazzetta». Il punto, ora, è capire chi fosse il destinatario di quei soldi.
Restano, dunque, molti punti ancora da chiarire. E potrebbe essere lo stesso Grossi a farlo, nel corso dell’interrogatorio davanti ai pm previsto già per oggi. Gli investigatori, però, stanno scandagliando la rete di conoscenze dell’imprenditore, che - come ha sottolineato il gip Fabrizio D’Arcangelo nell’ordinanza di custodia cautelare - poteva contare su «relazioni di altissimo livello politico e istituzionale». Inoltre, anche parte del tesoro occulto sparso sui conti esteri potrebbe essere servito a oliare la macchina dei favori. Denaro, ma non solo. Perché Grossi ha speso in quattro anni più di sei milioni di euro in orologi di lusso da 200mila euro l’uno, acquistati dal suo orefice di fiducia a Milano. Regali, dunque, i cui beneficiari sono registrati con nomi di fantasia in alcuni file trovati dalle fiamme gialle nel computer dell’avvocato svizzero Fabrizio Pessina, arrestato lo scorso febbraio. A spiegare il meccanismo ai pm è un altro degli arrestati, l’ex finanziere Giuseppe Anastasi. «Sul computer in Svizzera - ha messo a verbale - avevamo vari file, fra i quali anche il conto degli orologi comprati da Pessina. Grossi mi ha fatto aprire dei file intestati a vari nomi, nei quali inserivamo degli importi su indicazione di Grossi stesso. Ci dava dei bigliettini sui quali erano riportati data, importo, nome vero o di fantasia, e a volte anche una nota, tipo primo acconto o saldo. Sicuramente più di 10». Gli investigatori, ora, stanno cercando di decodificare quella lista.
I primi nomi di rilievo politico sono comparsi già nell’ordinanza di custodia cautelare. Su tutti, quello di Giancarlo Abelli (che non è indagato), che avrebbe usufruito di alcuni benefit grazie all’amicizia con Grossi: un’auto di grossa cilindrata, un appartamento per la moglie Rosanna Gariboldi (finita in carcere con l’accusa di riciclaggio e ricettazione), e l’aereo privato dell’imprenditore per coprire la tratta Milano-Roma due volte alla settimana. Ma altri nomi cominciano a filtrare. Il 30 novembre dello scorso anno, Grossi è al telefono con un suo collaboratore. I finanzieri annotano la conversazione. In ballo c’è la bonifica dell’ex Sisas di Pioltello. Grossi dice di essere atteso dal «presidente» o, come lo chiama in un secondo momento, da «Roberto». «Il fatto che Grossi abbia investito i vertici della Regione Lombardia (dell’accordo sull’ex area industriale, ndr) emerge dalla telefonata 611 - annotano i militari -, quando Grossi sollecita un altro dipendente della Green Holding affinché gli mandi il contratto in tempo». Ipotesi ancora tutte da verificare.
Insomma, sembra ormai chiaro che le intercettazioni a carico di Grossi e dei suoi collaboratori - solo in parte già rese note - costituiscono una potenziale miniera di spunti investigativi per ricostruire la rete di relazioni del «re delle bonifiche». Ci sono i contatti con gli enti locali piccoli e grandi (dalla Regione Lombardia, alle province di Milano e Bergamo, giù giù fino al minuscolo comune di Casei Gerola) dove Grossi aveva progetti e affari. Ci sono i legami «istituzionali». E ci sono i rapporti tempestosi con l’altro businessman di punta di questa vicenda, Luigi Zunino, l’inventore di Santa Giulia, per ora indagato a piede libero.

Grossi accusa Zunino di avere fatto «porcate» nella gestione dei suoi affari, lo sospetta di addomesticare le sue vicende giudiziarie grazie ai rapporti preferenziali con importanti giudici. «Zunino è come Vanna Marchi», dice Grossi in una delle sue intercettazioni più colorite.

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