Santa Giulia, parte la caccia ai "furbetti" del fisco

Quando le fiamme gialle lo fermarono per un normale controllo al terminal 1 di Malpensa, il 18 marzo scorso, scoprirono di trovarsi tra le mani un piccolo scrigno dei segreti finanziari di mezza Italia. L’avvocato Fabrizio Pessina, poi finito in carcere, aveva con sè un computer. E dentro al pc, una lista di 576 «clienti». Evasori. Personaggi più o meno facoltosi che avevano affidato allo specialista i propri «risparmi», in modo da occultarli nei paradisi fiscali: Svizzera, Panama, Liechtenstein, Zurigo, Vaduz. A partire da quella lista sono iniziate le indagini del Nucleo di polizia tributaria della guardai di finanza, che ieri ha perquisito ed effettuato sequestri in 80 società sparse in tutto il territorio nazionale, per verificare la documentazione relativa a false fatturazioni per oltre 300 milioni di euro. Un centinaio gli indagati, tra cui lo stesso Pessina, e due commercialisti: Mario Merella, marito della cantante Marcella Bella, e Siro Zanoni.
L’indagine è coordinata dai pubblici ministeri Laura Pedio e Gaetano Ruta, gli stessi che in queste settimane stanno lavorando sull’affare Santa Giulia e sui fondi neri del re delle bonifiche Giuseppe Grossi, anche lui tra quelli che avevano approfittato dell’abilità contabile dell’avvocato svizzero. Si tratta, in effetti, di un filone parallelo di inchiesta, dal quale è emerso un vorticoso giro di denaro occultato dal Fisco, per un valore complessivo di oltre 1 miliardo e 230 milioni di euro. Una piccola finanziaria off shore, alimentata dai soldi «fantasma» di industriali, imprenditori, commercianti e professionisti. Lo sviluppo di questo filone di inchiesta, avviato proprio dopo il sequestro del pc di Pessina, ha permesso di fare emergere un gruppo criminale con base a Milano che - attraverso società fittizie - contabilizzava costi fasulli per società italiane così da consentire la distrazione di ingenti capitali su conti esteri. Denaro che rimaneva in realtà nelle disponibilità degli imprenditori, rientrando poi in Italia grazie a una batteria di corrieri. Su ogni movimento, secondo la guardai di finanza, Pessina, Merella e Zanoni si assicuravano una provvigione del 10 per cento. I reati contestati sono associazione per delinquere, appropriazione indebita, riciclaggio, dichiarazione fraudolenta con l’aggravante delle transnazionalità.
Quella di Pessina era un’enorme ragnatela di clienti, estesa in tutta Italia. Per lo più, però, era in regioni come la Lombardia e il Veneto che l’avvocato svizzero poteva contare sui portafogli più ricchi. E proprio nella provincia di Milano, Pessina aveva il maggior numero di clienti: nel computer sequestrato dalle fiamme gialle, infatti, erano registrate ben 129 posizioni (qui accanto, la lista delle società perquisite ieri dai finanzieri).

A seguire la provincia di Verona con 78 insospettabili clienti, quindi Vicenza con 44 posizioni e Varese (39 nomi). In realtà la mappa dei «furbetti» del Fisco copriva tutto il Paese: da Palermo e Catania (con due posizioni) a Trento (10), fino a Padova (20), Brescia (28), Piacenza (13), Modena (19), Reggio Emilia (8), Bologna (9).

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