Santo dà voce a Bisagno

Prospero Schiaffino

Mi sono recato di nuovo a Sori nella bella casetta di Elvezio Massai, il famoso Santo, uno dei fedelissimi di Bisagno, per assodare nuove notizie dopo l’intervista pubblicata nel dicembre scorso, e mi ha accolto con la consueta cortesia, ormai considerandomi quasi un vecchio amico. Dopo di allora Santo ha ricevuto alcune telefonate che lo accusavano di essersi definito il vice di Bisagno. Elvezio candidamente mi ha detto: «Non ho detto di essere stato il vice di Bisagno, questo lo avete affermato voi giornalisti. Ma di Bisagno fui senza dubbio un amico fedele e glielo dimostrai sino all’ultimo». Le telefonate, a dire il vero, non sono mai state dei suoi concittadini Soresi, che anzi lo stimano molto.
Ritornando sulla figura di Bisagno e alla proposta di far effettuare l’autopsia del cadavere dell’eroe, Santo sostiene che si è perduta la grossa occasione di accertare le cause che hanno determinato la misteriosa morte del comandante della divisione Cichero.
Elvezio Massai mi confessa che in montagna ebbe sempre la sensazione che, al di sopra di tutti i comandanti partigiani, vi fosse una regia occulta, naturalmente di matrice comunista, alla quale era affidato il compito di decidere ogni cosa. E uno di questi personaggi era il famoso Rolando (Anelito Barontini) che qualche anno fa comparve come agente del Kgb nel dossier Mitrokhin.
Elvezio Massai conferma anche la sua amicizia e frequenza con Aldo Gastaldi sui banchi di scuola all’Istituto Galilei di Genova (con lui si era anche diplomato) e ribadisce ancora l’estrema onestà e linearità di comportamenti del suo comandante.

Divenne famosa la lettera - quasi un testamento spirituale - che Bisagno inviò ai suoi uomini in montagna nel momento di maggiore scontro ideologico con i comandanti comunisti: «Continuerò a gridare ogni qual volta si vogliono fare ingiustizie e griderò contro chiunque anche se il mio grido dovesse causarmi disgrazia o altro. Non devo formarmi quassù (in montagna) la posizione per domani; io nulla attendo dal domani o sfruttamento del mio lavoro di oggi quanto ho dato e dà; lo dò alla Patria alla quale nulla si chiede».

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