da Parigi
«La questione del nucleare iraniano non è affatto chiusa», dichiara ai giornalisti il portavoce ufficiale dellEliseo David Martinon. Arriva in questo modo la risposta della Francia all'affermazione con cui il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha proclamato solennemente tre giorni fa, dalla tribuna della 62ª Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York, che «il problema del nucleare è da considerarsi chiuso».
Il fatto che l'Eliseo abbia lasciato trascorrere un po' di tempo prima di reagire con tanta fermezza alle parole di Ahmadinejad, dimostra che la dura presa di posizione francese al riguardo è stata ampiamente meditata dal capo dello Stato Nicolas Sarkozy e dal ministro degli Esteri Bernard Kouchner. Il fermissimo monito rivolto da quest'ultimo quasi due settimane fa allIran - con l'affermazione «dobbiamo prepararci al peggio, ossia alla guerra» - viene di fatto ripreso, anche se in termini più diplomatici, dal portavoce della presidenza.
Dunque non è affatto vero che esistano valutazioni diverse tra Sarkozy e Kouchner a proposito della posizione da assumere nei confronti di Teheran. Esistono toni diversi, ma la posizione di fondo è la stessa. Ecco David Martinon affermare che «la Francia non crede al presidente iraniano quando egli afferma che le attività nucleari del suo Paese hanno scopi pacifici».
Martinon ha proseguito dicendo: «Tutti sanno che il programma nucleare di Teheran ha fini militari ed esistono buone ragioni per attribuire un carattere tutt'altro che pacifico alle attività in corso nelle installazioni nucleari di Natanz, nell'Iran centrale».
Le parole del portavoce di Nicolas Sarkozy sembrano ribadire la luna di miele tra la politica estera degli Stati Uniti e quella della Francia. Le fonti di Washington avevano reagito a botta calda alle parole di Ahmadinejad, affermando che il «discorso del nucleare iraniano» non può assolutamente essere considerato «chiuso» dalla comunità internazionale. Adesso si tratta di vedere quale atteggiamento assumerà il Consiglio di sicurezza dell'Onu a proposito di eventuali sanzioni a Teheran.
Una cosa è comunque certa: con Sarkozy all'Eliseo non si ripeteranno le frizioni del 2003, all'epoca dell'intervento angloamericano in Irak. Stavolta tre dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza - ossia Usa, Francia e Gran Bretagna - sembrano in piena sintonia tra loro.
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