nostro inviato a Padova
Poche ore di sonno per Giancarlo Galan tra la nottata dei risultati e il decollo per il breve viaggio di nozze in Marocco. Ma prima di partire il governatore veneto restituisce alla Lega il guanto di sfida rispolverando lapologo della volpe e luva.
Lo sconfitto non voleva vincere?
«Per settimane non si è parlato solo del sorpasso leghista? Adesso qualcuno ha già perso la memoria».
Non era stato Silvio Berlusconi a trasformare le Europee in elezioni primarie per il futuro governatore veneto?
«Balle. E non sono nemmeno stato io. Ha cominciato il signor ministro Calderoli, che per una decina di giorni ha scorrazzato nel Veneto dicendo che ormai il sorpasso era certo. La Padania ci ha imbastito una campagna, poi lhanno detto altri amici della Lega, e alla fine anche Berlusconi, a 48 ore dal voto».
Sabato al suo matrimonio il premier ha assicurato che lei manterrà il posto.
«Ma la Lega ripete anche in queste ore che chiederà due Regioni, anche se il voto in più cè stato e non è andato a loro. Tra laltro inviterei a riflettere su certi segnali molto interessanti».
Quali?
«Parecchi candidati sindaci del Pdl o vicini alle posizioni del sottoscritto vincono anche senza la Lega. Parlo di Valdobbiadene, Cison di Valmarino, San Pietro di Feletto e molte altre località».
Le ostilità con il Carroccio non sembrano chiuse, o no?
«Non voglio scontri con la Lega, desidero soltanto che adesso, finita la ricreazione, si torni rapidamente alle cose serie».
Per esempio?
«Ultimare i grandi progetti da finire e pretendere che si apra il discorso sul futuro. Un tema per tutti, che ho indicato da giorni, è lalta velocità tra Milano, Venezia e Trieste».
Teme una certa tiepidezza della Lega?
«In Veneto il Pdl ha sempre avuto il voto in più e labbiamo sempre usato con lealtà. Non abbiamo fatto ostruzione alla Lega, le abbiamo lasciato assessorati di peso. Se cè un importante ministro leghista veneto con una grande responsabilità, un pochino sarà anche merito di un alleato corretto. Pretendiamo lo stesso trattamento».
Non è convinto del loro appoggio?
«Dico alla Lega che il nostro elettore comune spesso non fa differenza quando pensa di votare Lega o Pdl, ed è una buona cosa nello schema di leale collaborazione tra forze politiche diverse. Abbiamo governato bene assieme in questi molti anni. Anche per questo abbiamo questa enorme distanza, Lega e Pdl assieme, dalla sinistra. Se costringiamo gli elettori a fare differenza, chi ne avrà vantaggio? A me non piace affatto entrare in questo gioco».
Vuole maggiore obbedienza dalla Lega?
«Quando il rapporto è leale si decide assieme. Queste esternazioni di leghisti estranei al Veneto, ora ripresi anche da veneti, non vanno bene. Chi porta avanti la distinzione tra Pdl e Lega non fa una buona cosa. Loro invece hanno il difetto che a un certo punto tendono a distinguersi, a fare liste per conto proprio. E non dimentico le grandi scelte della Regione su cui non ho avuto un sostegno pieno».
Per esempio?
«Il rigassificatore, il Mose, il Passante di Mestre. Oppure la lisciata di pelo ai Comuni che volevano passare con il Trentino. Non si fa la secessione, ma si combatte per abbattere i privilegi ingiusti».
Si aspettava che Berlusconi mettesse in gioco la sua presidenza?
«A 48 ore dal voto il presidente ha detto un qualcosa che i vertici locali del Pdl, tra laltro un partito in formazione, hanno sentito come una sferzata. Qualcosa che ha lasciato il segno anche nel cittadino che segue la politica soltanto a tarda sera in tv».
E su di lei ha lasciato il segno?
«È stato un bel trambusto, non facile da gestire alla vigilia del voto.
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