Scajola congela i frondisti, resta il caso Tremonti

L’ex ministro scrive a Berlusco­ni per rimandare il "redde rationem" in programma oggi. Un gesto di­stensivo da parte di quei membri del Pdl che hanno manifestato un cer­to "mal di pancia". Rimane però il caso Tremonti: il titolare dell’Econo­mia continua a non voler sentir parlare di piano per lo sviluppo.

Scajola congela i frondisti, resta il caso Tremonti

Roma Il nuovo vertice dei «ribelli» era fissato per oggi alle quattro del pomeriggio. Ma nel corso della giornata, tra stop and go e incertezze diffuse, si è deciso per il momentaneo congelamento dell’iniziativa. Alla fine il rendez-vous in cui la magmatica galassia del malcontento interno al Pdl cercherà di trovare punti in comune e mettere un po’ di ordine nel caos si terrà ma in una data ancora da definirsi.

Al tavolo della discussione si siederanno in parecchi. Deputati e senatori pronti a confrontarsi con i due big Pisanu e Scajola ma anche Gianni Alemanno che ha confermato la disponibilità ad andare a «vedere le carte». E se non è ancora chiaro se Roberto Formigoni si presenterà all’incontro, è possibile un invito dell’ultima ora per il «responsabile», Luciano Sardelli - della cui componente fanno parte anche Antonio Milo e Vincenzo Scotti - che ha fatto sapere che il suo voto sul ddl intercettazioni «non è scontato».

Il quadro è comunque oscuro e costellato di interrogativi. I frondisti giurano che l’offensiva è ormai lanciata e non verrà ammorbidita o ritirata. Scajola serra i ranghi e affila i toni: «Non hanno capito che facciamo sul serio» ma non sembra intenzionato a far saltare il tavolo. E intanto invia una lettera al presidente del Consiglio per spiegare le sue ragioni. C’è anche chi giura che abbia già stretto un «accordo di salvaguardia» con l’Udc che gli consentirebbe di assicurare la rielezione a una parte del gruppo di parlamentari a lui vicini qualora si dovesse consumare una rottura definitiva con Via dell’Umiltà ma si resta soltanto nel campo delle ipotesi.

Di certo l’ex ministro dello Sviluppo viene descritto come infastidito dall’opera di ricucitura con i singoli parlamentari a cui si sta dedicando Denis Verdini insieme ad altri parlamentari del Pdl. Così come non avrebbe gradito la chiusura di Silvio Berlusconi che ha fatto sapere di non essere intenzionato a incontrarlo, almeno per il momento.

Scajola, però, sa bene che non sarà facile tenere insieme le varie anime avvicinatesi a lui in questa fase. Gianfranco Miccichè, ad esempio, non intende sposare fino in fondo l’iniziativa dei ribelli. Stesso discorso per Antonio Martino con il quale gli abboccamenti si sono risolti in un nulla di fatto, e per i parlamentari toscani del Pdl che con Deborah Bergamini fanno sapere di non voler essere della partita. Inoltre, a testimonianza della difficoltà a tenere insieme le diverse sensibilità di falchi e colombe, il famoso documento della discordia è stato accantonato.

Piuttosto c’è chi vorrebbe fissare un primo paletto: primarie per la premiership nell’ottobre 2012 come segnale inequivocabile che Berlusconi non sarà candidato nel 2013 e non ci sarà un’investitura blindata di Angelino Alfano. «Non bisogna creare teoremi o veleni ma parlare con grande trasparenza e onestà intellettuale. Penso che Alfano dovrebbe convocare gli organi del Pdl per avere un confronto alla luce del sole» dice Gianni Alemanno, che sa bene quanto fondamentale sia per lui un accordo con l’Udc per giocarsi le chance di rielezione al Campidoglio.

Dentro il Pdl si ostenta scetticismo rispetto ai numeri vantati dai ribelli e si derubrica la «fronda» a dialettica finalizzata alla sopravvivenza in vista delle future candidature.

Nessuno, però, anche se lo «scongelamento» appare in corso, è in grado di escludere azioni dimostrative sugli emendamenti a scrutinio segreto al ddl intercettazioni. Una scintilla che, nel segreto dell’urna, potrebbe facilmente attecchire e tramutarsi in incendio.

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