Nulla da obiettare alla Scala dopo la denuncia della parentopoli dei sindacati, che ha portato all’assunzione nel teatro lirico milanese di numerosi figli di esponenti della Cgil. Tra i parenti sono molte le cosiddette maschere, ovvero gli addetti all’assegnazione dei posti in platea e nei palchi, quei giovani che accompagnano gli spettatori a sedere e li guidano al guardaroba o al bar. Ma nell’elenco dei rapporti di parentela non mancano i tecnici.
L’ufficio stampa della Cgil milanese, in una lettera stizzita al Giornale, non contesta i fatti ma si limita a criticare i tagli del Fus e spiega così le ragioni dello sciopero proclamato pochi giorni fa e che ha impedito la prima di Cavalleria rusticana e Pagliacci. Uno sciopero di minoranza, non condiviso o almeno non voluto da buona parte dei lavoratori del teatro, ma che ha comunque paralizzato la Scala.
Molti i commenti ufficiosi sui rapporti di parentela tra sindacalisti della Cgil da un lato, vecchi e nuovi assunti in teatro dall’altro. Ma nessuno dalla Scala vuole gettare benzina sul fuoco in una situazione già accesa e a continuo rischio di agitazioni e scioperi che metterebbero in ulteriore difficoltà i conti del Piermarini.
Tutti concordano sul fatto che l’obiettivo da tutelare è il bilancio del teatro, in difficoltà a causa dei tagli del Fus ma ulteriormente danneggiato dagli scioperi.
Il Fus (il Fondo unico dello spettacolo) incide solo per il 27 per cento del totale, ma dal pareggio di bilancio dipendono molte cose, a partire dall’entrata in vigore del contratto integrativo per i dipendenti della Scala, che vale 2 milioni di euro. Senza i conti in ordine, insomma, non scatteranno le nuove condizioni contrattate tra i dipendenti e i vertici del teatro.
Si registra molta sorpresa, e anche disappunto, per la conflittualità della Cgil in un momento di trattative ancora aperte con il governo per risolvere il problema. Per alcuni sono stata una scoperta anche i legami di parentela tra alcuni dei sindacalisti Cgil e lavoratori del teatro. E c’è persino chi sospetta che un lieto fine sull’integrativo e sul pareggio di bilancio possa dispiacere a chi ha l’interesse a tenere alto il livello dello scontro.
La data segnata in rosso sul calendario è il 31 gennaio, tempo limite per il provvedimento del ministero che garantirebbe l’autonomia (con i relativi finanziamenti) alla Scala. Dopo anni di continuo pareggio, al momento il buco di bilancio è di 5 milioni, che però probabilmente rientrerà grazie al milleproroghe.
Se fossero confermati i tagli per il 2011, il passivo sarebbe di 17 milioni e la situazione diventerebbe drammatica, ma - a meno di incidenti di percorso - tutto lascia pensare che alla Fondazione sia concessa l’autonomia che le spetta sia per il prestigio che per i conti in regola. La Scala è una Fondazione e quindi non ha scopo di lucro, ma è tenuta al pareggio di bilancio.
Il teatro lirico milanese, quasi un unicum in Italia, può contare su 4 pareggi di bilancio su 5, consistenti apporti dei privati e un numero molto consistente di alzate di sipario. L’autonomia avrebbe tra le conseguenze un contributo statale garantito per tre anni, che consentirebbe di mettere a punto con maggiore serenità programmi a medio termine.
Un altro tema aperto è la reale rappresentatività di questi scioperi e si sono levate voci che chiedono di rimettere in discussione le regole per arrivare a proclamarli: all’assemblea che si è chiusa con lo sciopero sulla Cavalleria hanno partecipato un centinaio di persone su un organico di 800 lavoratori.
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