Scaparro: in tv il mio film sui «Mémoires»

L'Istituto italiano di Cultura di stanza a Parigi minaccia di diventare la seconda casa di Maurizio Scaparro da quando l'unico enfant terribile del teatro italiano ha deciso di dividersi tra Italia e Francia per mettere a punto i suoi prossimi impegni in bilico tra Goldoni e Rossellini. Perché se del primo ha coniugato i Mémoires in uno spettacolo che sta facendo il giro del mondo, del secondo si prepara a far rivivere il mito. Fantasticando su quel Pulcinella che l'autore di Roma, città aperta non riuscì a girare e che in teatro, grazie a Scaparro e Massimo Ranieri, oggi contende all'Arlecchino di Strehler il primato dei tour stratosferici. Cosa bolle nella pentola di questo incantatore, ce lo rivela lui stesso poco prima che i suoi Mémoires, presentati a Parigi, domani vadano in onda su Raidue in una nuova edizione destinata a meravigliare. Come mai? «Per il semplice fatto che Mémoires dei Mémoires - così s'intitola il film - è concepito - dice lui - sia come un film sul teatro, sia come uno spettacolo nato per la scena che si trasforma quasi involontariamente in cinema allo stato puro». Come mai? «Perché è ora di finirla coi puri e semplici video fatti apposta per conservare il gioco effimero del teatro. Oggi lo spettatore vuole riflettere sugli strumenti che gli vengono proposti. E dimostrargli cosa accade a chi sperimenta nuove tecniche dello sguardo può essere un risultato inedito e affascinante». O un altro modo di far cultura? «Anche. Dato che il compito che mi sono prefisso come direttore della Biennale Teatro è duplice: aprire il teatro italiano alla verifica di un'Europa che guarda a noi come producers del nuovo e spalancare ai giovani le vie d'accesso a un'arte del pensiero perché qualsiasi idea passi dallo stato di manufatto allo stato ideale di sogno».

E il nuovo Pulcinella cui collabora anche Rafael Azcona? «Sarà un film diverso da tutti gli altri. Protagonista, accanto ad Adriana Asti, Ranieri nei panni di un attore che rischia la vita per tramutare il mondo in uno slancio vitale degno di Bergson».

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