La scena del delitto «costruita» dal killer di Melania

A Colle san Marco, dieci chilometri da Ascoli, dicono di aver paura. Eppure i tanti turisti della Pasquetta, che cade stavolta anche nella ricorrenza della Liberazione non hanno esitato a piantare tende, allestire barbecue, e andare davanti al cippo in memoria dei caduti. «Abbiamo paura ma questo spazio è nostro», quasi ringhia una ragazza.
Ascoli e la sua gente sembrano voler ricordare la memoria partigiana, Colle San Marco nel 1943 fu teatro di uno dei primi episodi a livello nazionale della Resistenza partigiana. Ma soprattutto sembra voler esorcizzare i fantasmi della morte. Qui ora si parla non degli eroi di guerra. Ora è diventato il pianoro dei misteri. Due donne morte, uccise nel giro di poco mesi anche se di certo da mani diverse. Qui il 18 aprile è scomparsa Carmela Rea, la mamma nemmeno ventinovenne trovata cadavere il giorno dopo in un bosco a 18 chilometri di distanza. Massacrata a coltellate, il cadavere violato dopo la morte.
Purtroppo ancora un mistero che non trova colpevoli.
Sono almeno venti le persone interrogate negli ultimi giorni dai carabinieri. A cominciare dal marito della vittima, dai parenti, per arrivare a vicini e commilitoni del caporal maggiore Salvatore Parolisi.
Nelle mani degli investigatori una miriade di tracce, indizi, parole, tutti tasselli collocare nel giusto posto per poter definire finalmente il puzzle. Forse tra i reperti, le tracce di sangue, le impronte trovate sul luogo del delitto potrebbe esserci anche il Dna dell’assassino. Magari sotto le unghie della vittima. Che ha cercato di sfuggire al carnefice, anche dopo essere stata ferita, che prima di sbarrare gli occhi al cielo ha lottato. Fino alla fine. Non ha subito violenza melania, nonostante l’omicida l’avesse spogliata.
«Non c’è ancora una pista prevalente sulle altre - spiegano gli investigatori - ma con gli ultimi colloqui e con gli elementi raccolti sul terreno, ci siamo fatti certamente delle idee più chiare». In attesa di compiere ulteriori accertamenti medici sul cadavere. Il funerale è stato bloccato dai magistrati, servono nuove analisi.
Intanto si cerca ancora di identificare l’uomo che con inspiegabile ritardo ha dato l’allarme sul 113 di Teramo, dopo aver trovato il cadavere della ventinovenne. Ha detto ai poliziotti di essere un cercatore di funghi, la voce era quella di un anziano. Ha telefonato da una cabina telefonica. La sua testimonianza potrebbe aiutare gli investigatori.


Di certo è che la scena del crimine appare disorganizzata, o meglio sembrerebbe ricostruita per depistare gli investigatori. Da un killer, ammesso che di un uomo si tratti, però ingenuo. «Un assassino che ha creato un ordine - spiega il colonnello Alessandro Patrizio- per mostrare una scena alternativa».

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