Cultura e Spettacoli

SCERBANENCO Delitto e intrigo

«Che si potesse scrivere il giallo italiano io l’ho pensato dal primo momento». Così raccontava tempo fa Andrea Camilleri in un bel corsivo intitolato «Alcune cose che so di Montalbano», in cui cercava di spiegare l’origine letteraria ed emozionale del suo celeberrimo personaggio.
Camilleri proseguiva così: «Non ho mai creduto che la condanna del giallo italiano, come si continuava a dire allora, fosse l’implausibilità. Augusto De Angelis l’aveva già dimostrato con il suo commissario De Vincenzi che l’ambientazione italiana era plausibilissima per un giallo. Non parliamo poi di Scerbanenco che è stato un grande anticipatore della realtà. Quando noi leggevamo romanzi crudelissimi come I milanesi ammazzano al sabato pensavamo “va bè, ha una fantasia volta al male, poveraccio”. Invece non era così, lui sapeva come sarebbero andate a finire le cose. Prevedeva. Quando lessi la Milano di Scerbanenco, così viva, così al di fuori di ogni tipo di convenzione e di luogo comune, mi sentii autorizzato anch’io a dare nomi italiani, ambientazioni italiane ai miei personaggi, alle mie storie. Questo adesso può apparire scontato, ma per gli scrittori della mia generazione non lo era».
A chi leggerà l’antologia che comprende 34 Racconti neri di Giorgio Scerbanenco, da poco edita da Garzanti (pagg. 466, euro 16), il commento di Camilleri sembrerà estremamente calzante. Nessuna di queste storie pare invecchiata con il passare del tempo e tutte potrebbero essere state scritte ai nostri giorni. Molte paiono prese dalle pagine della recente cronaca nera, altre potrebbero essere tranquillamente lucidi resoconti del periodo della Seconda guerra mondiale raccontati attraverso gli occhi di contadini, partigiani e ufficiali tedeschi. Vari gli scenari presi in esame, dalla classica Milano Calibro 9 alla non meno venefica Emilia di Ferrara e Collecchio, dalla riviera di Lignano alle assolate lande greche di Olimpia e del lago di Giannina, dagli affollati boulevard di Parigi alle polverose strade di un’anomala Odessa texana.
Nessuna delle storie raccontate ha un finale consolatorio, tutte lasciano l’amaro in bocca per il loro modo realistico di raccontare lo svolgimento dei fatti. Si tratta di racconti apparsi fra il 1959 e il 1970 su Novella 200, Annabella, Stampa Sera, Sogno. Alcuni erano già apparsi nelle raccolte La notte della tigre e Millestorie (da tempo irreperibili sul mercato) e solo 8 non erano mai stati raccolti in volume (Mai domandare alla gatta se ti vuole bene, Le ricerche continuano, Più forte del killer, La fabbrica delle vedove, Perché vivere se puoi morire?, Delitto all’italiana, Diario per un assassino e O mi aiuti o mi ammazzo). Come sottolinea acutamente Carlo Lucarelli nell’introduzione, le storie che Scerbanenco racconta «non sono storie delicate e queste lo sono ancora meno di tante altre. Sono storie nere, nerissime, storie di delitti efferati, di sentimenti abbietti, di trasgressioni e devianze, di bassifondi brutti e di ambienti alti anche peggio. Sono le stesse storie maledette che potremmo trovare nei racconti disperati di James Hadley Chase, in quelli crudissimi di James Ellroy, nei romanzi noir di Patrick Manchette e Leo Malet. Solo che queste sono storie nostre, ambientate in un’Italia di ieri l’altro che non ha quasi niente di diverso da quella di oggi, perché potere e politica, delitti e passioni, mafia e criminalità più o meno o per niente organizzata sono ancora gli stessi, e che la gente giri in Cinquecento, che i lavoratori siano ancora soprattutto gli operai e che le ragazze portino gli stivaloni a mezza gamba, il cappottino corto con i bottoni grandi e i capelli alla Patty Pravo, sono soltanto dettagli».
Giorgio Scerbanenco scrisse con una «frequenza infernale» fin dagli inizi della sua carriera, nel 1931, mantenendo la sua produzione costante fino al 1969 e frequentando tutti i generi possibili: il nero, il giallo, il rosa, il western, la fantascienza, l’avventura, le storie di guerra. «Se dovessimo per forza definire il genere di appartenenza di Scerbanenco - aggiunge ancora Carlo Lucarelli -, se proprio ci fossimo costretti con una pistola puntata alla schiena, tanto per restare in tema, allora dovremmo dire che il suo genere è la narrativa, punto e basta».
E sbirciando fra le tematiche sviscerate degli otto splendidi inediti inseriti nella raccolta ci troviamo davanti a storie scritte con piglio letterario forte che mostrano la capacità camaleontica di Scerbanenco di immedesimarsi in storie e personaggi di diversa estrazione: un giovane che trova una valigia piena di soldi e la usa per misurare la solidità e la veridicità dei sentimenti della sua amante; una madre ossessionata dalla scomparsa della sua bambina che accetta di varcare la soglia della follia purché le indagini della polizia possano proseguire; una narcotrafficante greca capace di «uccidere con amore»; un anziano imprenditore torinese con l’insana passione per le bische che bara e finge fino in fondo per vincere la sua ultima partita mortale con un losco mafioso; una clinica parigina perfetta per eliminare i mariti anziani e far intascare alle giovani vedove i premi stellari delle polizze sulla loro vita; un supertestimone stanco di fuggire a continui attentati e disposto a tutto per amore; uno squallido omicidio all’italiana fra poveri immigrati in terra germanica; un giornalista che deve vendicare la tragica morte del figlio punendo la moglie fedifraga che l’ha lasciato bruciare in casa; un ginecologo alle prese con pazienti che minacciano il suicidio.
Come avrete capito quelli presi in esame sono racconti noir a tutti gli effetti che ci mostrano uno Scerbanenco all’apice della sua produzione. Sono storie appassionanti in cui, come dice sempre Lucarelli «si sente una sensibilità appassionata, una partecipazione, una pietà comunque e per chiunque, un dolore per quello che accade di brutto nel mondo, in questo mondo, uno sguardo ferito.

\ Nei racconti noir di Scerbanenco, assieme alla suspense e al colpo di scena, alla tensione, alla violenza e all’intrigo, c’è amore, un amore enorme per le storie brutte che racconta e per i personaggi, sfortunati, tragici, disperati, ingenui, cattivi, sbagliati e anche comici, che si trovano a viverle».

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