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La Schiavone gioca alla Nadal e va in semifinale

Com’è dolce la terra rossa del campo Philippe Chatrier che Francesca Schiavone ha baciato di gusto alle 15,31 di ieri dopo aver battuto la danese Caroline Wozniacki e conquistato la semifinale del Roland Garros. In tre giorni la tennista milanese ha scritto e riscritto la storia del nostro tennis compiendo un’impresa che nella lunghissima striscia degli slam era riuscita solo a due italiane: nel 1954 a Silvana Lazzarino proprio a Parigi e nel 1930 a Maude Levi Rosenbaun, romana di nascita ma statunitense di formazione, nel torneo di Forest Hill. Nell’elenco potremmo inserire anche Annalies Ullstein Bellani, tedesca di Dresda ma sposata in seconde nozze con il giornalista Bellani, che entrò fra le prime quattro del Roland Garros nel 1949. All’alba dei 30 anni, li compirà il 23 giugno, la Schiavone ha disputato la partita perfetta: con un paragone ardito la potremmo paragonare a quella giocata dall’Inter nella recente finale di Champions League. In un’ora e 20 minuti ha posto il suo personalissimo sigillo a un match che non è mai stato in discussione: lo racconta il punteggio (6-2 6-3), lo testimonia la differenza fra punti vincenti ed errori, 25-13 per l’azzurra, 10-17 per la sua avversaria. Un abisso.
Mai vista così forte e solida la nostra giocatrice. In questo periodo più competitiva della Pennetta, e non solo per il diverso risultato ottenuto con la Wozniacki. Francesca ha disorientato la danese, neanche ventenne ma già numero 3 al mondo dietro le sorelle Williams, con una serie di variazioni tattiche che rappresentano una clamorosa novità nel tennis bum-bum votato alla forza. Buona la battuta, straordinari i dritti stretti in diagonale alla Nadal (a proposito di Rafa, niente sfida con Federer battuto ieri da Soderling 3-6, 6-3, 7-5, 6-4), imperioso il rovescio lungo linea a una mano, raffinate le smorzate, devastanti i cambiamenti di ritmo. Quanto di meglio si può ammirare a questi livelli. Sorprendente e coraggioso poi il serve and volley che l’ha portata al set-ball del primo set. In quello successivo s’è scossa di dosso ogni timore reverenziale sul 3-3 quando ha firmato tre game maestosi per tecnica e personalità. Del genere: il gioco lo faccio io e tu, bella biondina, puoi solo cercare di difenderti. Su smash il punto decisivo al secondo match-ball. Il giorno prima aveva rivelato che avrebbe cercato di spostare la rivale il più possibile e magari di impegnarla a rete «dove non è un granché». Neanche a dirlo Caroline, che nei turni precedenti aveva eliminato prima la Garbin e poi la Pennetta, non ci ha capito più nulla finendo per perdere cinque turni consecutivi di battuta a cavallo dei due set.
Estasiato il pubblico davanti al campionario della nostra rappresentante che s’è anche assicurata il nono posto nel ranking mondiale, a pari punti con la belga Clijsters, uno scalino davanti alla Pennetta, e messo in cassa il premio in denaro promesso dalla nostra federazione in caso di semifinale. Al momento sono 100mila euro, ma potrebbero diventare 200mila con la conquista della finale e addirittura 400mila con la vittoria. Un sogno? Macché. Nel prossimo turno la Schiavone affronterà la 28enne russa Elena Dementieva, vittoriosa in tre set (2-6; 6-2; 6-0) sulla connazionale Petrova stirata alla coscia destra, con la quale vanta uno score accettabile: 4 vittorie e 6 sconfitte. L’ultima affermazione della Schiavone risale al 2007 nel primo turno di Zurigo. Sulla terra battuta si conta un solo precedente, nel 2005 in Federation Cup, con successo risicato della Dementieva in tre set. C’è da sperare, e anche molto, perché la russa ogni tanto sbanda a differenza della milanese che a Parigi sta sfoggiando il miglior tennis della sua carriera. Con il lavoro duro s’è migliorata in ogni colpo a un’età in cui molte sue colleghe preferiscono dedicarsi a qualcos’altro di meno impegnativo.

Imparino i giovani.

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