La Schiavone n°4 del mondo «Ora chiamatemi Leonessa»

Che cos’è la bellezza? Nel tennis ad esempio ieri in molti avrebbero indicato il vestitino rosa di Maria Sharapova, poi però è arrivata la voleè di Francesca Schiavone e tutto è cambiato. Abbiamo una nuova Panatta (anche se lui scherza, ma forse no: «Niente paragoni, io non giocavo con le donne...»), e non solo perché Francesca ha saputo vincere mesi fa il Roland Garros. L’abbiamo perché Francesca Schiavone a Melbourne ha conquistato i quarti di finale degli Australian Open dopo un match epico e perché, come Adrianone nostro, ora salirà (almeno) al numero 4 della classifica mondiale, davanti perfino alle sorelle Williams. E nello stesso momento, proprio durante quella voleè finale, Maria Sharapova perdeva.
Insomma: 6-4, 1-6, 16-14 a Svetlana Kuznetsova, con sei match point salvati e 4 ore e 44 minuti di partita, tutto nel segno del numero 4 (vista appunto la prossima classifica), record assoluto di durata nei tornei femminile dello Slam. Il precedente era 4 ore e 19 di un match tra la Kulikova e la Zahlova-Srykova: con tutto il rispetto, non poteva resistere a lungo.
Ecco allora la bellezza del tennis, una ragazza di trent’anni che si costruisce pezzo dopo pezzo la sua migliore carriera e una di quasi 24 che – nello stesso tempo – sfiorisce. Certo, Maria non è simpatica, ma alla vigilia del torneo è stata abbondantemente massacrata da chi ha dimenticato che con una spalla ko è difficile tornare sulla cima del tennis, anche dopo tre Slam vinti. E da chi perfino le invidia charme e un anello di fidanzamento. Però anche Francesca una volta era così, un po’ scontrosa e perfino sentirsi chiamare Leonessa diventava motivo di litigio. Adesso tutto è cambiato. Succede, bisogna sempre credere che possa accadere.
Quella voleè finale dunque ha segnato un’altra linea di confine, Francesca Schiavone ora è sempre più la migliore tennista della nostra storia, non c’è più dubbio che vincere una partita così ti faccia sentire Divina, e non solo per un giorno. Perché nella vita, per diventare qualcuno, bisogna cogliere le occasioni, e lei ieri – per sei volte a un passo dalla sconfitta -, l’ha fatto: «Non ho mai pensato che fossero dei match point per lei, non ho mai avuto paura di sbagliare. D’altro canto, in una partita così, tutti i punti sono come dei match point». E allora, un terzo set durato più di due ore, un livello di gioco altissimo, da prime della classe. Le occasioni, del tennis e della vita, a ogni palla. Fino a quella voleè e all’esultanza mista a sfinimento: «Svetlana dice che pensa di aver giocato meglio di me? Forse, chissà, non credo. Comunque ho vinto io». Già, perché?
«Ho vinto perché ho raschiato il fondo del mio barile – dirà alla fine Francesca, con la solita analisi pacata -, ho vinto perché ho chiesto a me stessa tantissimo. Perché ho saputo soffrire e dare tutto quello che avevo». A Maria, magari, fischieranno un po’ le orecchie, ma il tennis è questo: ti dà sempre un’occasione per il riscatto, basta volerlo. E Francesca ha voluto: «È inutile fare paragoni con quello che è successo a Parigi: ogni partita è un’altra storia. Dico solo questo: è stato meraviglioso. Spero un giorno di poter far vedere il dvd di questa partita a mio figlio». E adesso? Adesso c’è Caroline Wozniacki, la danese numero uno del mondo che per far parlare di sé, prima si è autointervistata in conferenza stampa («Visto che dite che sono noiosa mi faccio io direttamente le vostre noiose domande») e poi si è inventata un incidente con un canguro, per poi fare retromarcia ufficiale. E mentre la Kuznetsova sibila un «impossibile che Francesca recuperi energie», Francesca non si scompone: «Lei è una giocatrice intelligente, bisognerà dare il 100 per cento. Come sempre, d’altronde».

Lei, Caroline, che sembra in fondo un po’ Maria e chissà che poi non finisca come ieri, con una Sharapova che torna a casa battuta in due set dalla tedesca Petkovic e una Schiavone che diventa il nostro nuovo Panatta: «Ma sapete una cosa? C’è una novità: potete chiamarmi pure Leonessa». Il bello adesso è proprio questo.

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