Gli sciiti offrono aiuto ai cristiani: «Vi daremo casa e lavoro»

Una buona notizia è sempre una rarità. Di questi tempi, in particolare, una buona notizia per i cristiani dell’Irak lo è ancora di più. Oggetto di una sanguinosa campagna terroristica di matrice ultraislamica, culminata un mese fa nell’assalto a una chiesa nel cuore di Bagdad, l’antichissima comunità cristiana irachena si va assottigliando nel numero, con sempre più suoi membri intenzionati a fuggire all’estero. La buona notizia sta in un’offerta concreta di aiuto ai cristiani da parte dell’amministrazione di una regione irachena, e non di una qualsiasi: si tratta di quella di Najaf, la città santa degli sciiti che sorge 160 chilometri a sud della capitale.
«Abbiamo chiesto ai cristiani di non abbandonare il Paese emigrando all’estero - spiega lo sceicco Faid al-Shamri, presidente del consiglio regionale di Najaf -. La nostra amministrazione ha inviato una circolare a tutte le province affinché consentano a tutti i cittadini cristiani di trovare casa e lavoro nella zona. Si tratta di iniziative che non contrastano con la Costituzione né con gli insegnamenti islamici, che ci obbligano a lavorare per la sicurezza dei cristiani proteggendoli da ogni attacco».
In sostanza, per la prima volta, una regione irachena prende ufficialmente posizione a favore dei connazionali cristiani perseguitati dai terroristi islamici di Al Qaida, offrendo loro rifugio in nome dell’unità nazionale, valore che viene così posto al di sopra delle differenze religiose. Al-Shamri lo ha detto chiaramente al quotidiano arabo Al Hayat: «La nostra iniziativa è tesa a garantire la sicurezza dei cristiani presi di mira di recente da Al Qaida e costretti a emigrare all’estero».
Nella regione di Najaf anche il clero sciita e il mondo della cultura hanno annunciato il loro impegno in favore della minoranza cristiana. «I cittadini di Najaf sono molto aperti e tolleranti - assicura lo sceicco Munaim al-Ansari -, per noi non ci sono differenze tra cristiani e musulmani. La nostra religione ci insegna a vivere in pace con le altre fedi e le nostre porte sono aperte ai fratelli cristiani. Possiamo dunque offrire loro delle case in cui vivere e li aiuteremo a trovare un lavoro». Anche il rettore dell’università di Kufa (altra città santa sciita che si trova nella regione di Najaf) offre aiuto ai cristiani iracheni perseguitati. «Siamo disponibili - dice Abdel Razzaq al-Isa - a trovare un posto di lavoro per gli insegnanti cristiani e a ospitare i loro studenti nel nostro ateneo». Al-Isa spiega che l’università di Kufa sosterrà concretamente l’iniziativa del consiglio regionale «perché il nostro intento è quello di proteggere l’unità dell’Irak». Ecco dunque il perché della disponiblità a «offrire gratuitamente i nostri servizi e il trasporto pubblico per tutti gli studenti cristiani che verranno da noi per sfuggire alle minacce dei terroristi».


Appena due giorni fa il presidente della Repubblica irachena, il curdo Jalal Talabani, aveva proposto di trasferire tutti i cristiani nel Kurdistan, ma l’idea di questa «forma di emigrazione forzata» viene respinta dal parlamentare cristiano Yonadam Kanna, per il quale anche la campagna internazionale per salvare Tarek Aziz in quanto cristiano è controproducente.

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