Scontri sulle Fondazioni Fuori dal Piermarini volano le manganellate

All’inizio si erano messi davanti alla galleria, lo striscione steso da una parte all’altra con la scritta a caratteri cubitali «No al decreto infame, via i banditi». E sarebbero dovuti restare qui, i lavoratori del Teatro alla Scala visto che avevano incontrato il presidente della Repubblica qualche ora prima proprio per discutere della legge sulle fondazioni liriche e l’accordo era di non creare tensioni. E invece poco dopo sono iniziati i tafferugli. Un gruppetto si stacca, riesce ad arrivare in via Filodrammatici intonando «Bella ciao» e «Va pensiero», vorrebbero entrare al Piermarini dove c’è la cerimonia di celebrazione del 25 aprile con Napolitano e tutte le istituzioni milanesi, e tentano di sfondare il cordone delle forze dell’ordine. La tensione dura poco, finisce con qualche manganellata e un naso sanguinante di un attrezzista. Mentre i lavoratori gridano alla polizia «Assassini», «Vergogna». «Le maestranze sono preoccupate per il decreto - commenta il sovrintendente del teatro Lissner -. Ma la Scala dovrà rimanere fuori, con la sua autonomia».
Questo però non è l’unico scontro della giornata. L’altro non ha nulla a che spartire con la violenza, ma è altrettanto forte. Tutto comincia in mattinata, quando Napolitano incontra in Prefettura una delegazione di lavoratori delle fondazioni lirico sinfoniche, dell’Agile (Eutelia) e dell’Italtel da mesi in cassa integrazione. Ci sono anche il segretario della Camera del Lavoro, Onorio Rosati e la Fiom ad accompagnarli, consegnano una lettera a Napolitano con la speranza di non rimanere ancora inascoltati. Ma mancano Uil e Cisl. «La gestione che la Questura e la Prefettura hanno fatto dell’incontro tra Napolitano e i lavoratori di Agile, Scala e Italtel, ha comportato che dalla riunione fossero escluse Cisl e Uil», spiega il segretario generale della Uil Lombardia Walter Galbusera. Amareggiato, contrariato, sconcertato, eccome. Anche perché in corso Monforte avrebbero dovuto esserci solo i lavoratori della Scala, invece si sono aggiunti anche Cgil e Fiom. «Non credo sia stata un’iniziativa del Presidente, quanto un errore di gestione. Questura e Prefettura hanno ritenuto come unico interlocutore la Cgil. Abbiamo migliaia di lavoratori in crisi, e allora perché si avvia una trattativa parziale? Se avessimo dovuto chiamarli tutti, dove saremmo andati a San Siro?». La Prefettura affida a una nota la sua replica: «Nessuna esclusione. Sono state ricevute le rappresentanze sindacali unitarie che hanno chiesto di consegnare al presidente della Repubblica propri documenti». Ma Galbusera ribatte: «Nulla corrisponde a verità: Cgil, Cisl e Uil non hanno chiesto niente. Questura e Prefettura devono solo ammettere di aver avuto un comportamento sbagliato».

Duro anche il commento di Danilo Galvagni, segretario generale della Cisl Lombardia: «Siamo esterrefatti. La questione dei lavoratori non riguarda solo la Cgil e il fatto che ci fossero solo loro pone dei quesiti. Almeno non prendiamoci in giro. Manca il senso delle istituzioni e il rapporto con i cittadini».

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