Lo scudo delle «mele marce»

Fabrizio Cicchitto*

Il garantismo diessino è durato lo spazio di un mattino. Nel corso di questo mese in primo luogo D'Alema, ma anche Fassino per un verso hanno difeso Consorte, la validità dell'Opa dell'Unipol sulla Bnl, accompagnata dalla proclamazione che essa non aveva nulla a che fare con quella tentata dalla Bpi su Antonveneta: il tutto veniva collocato nel quadro di una denuncia dell'aggressione dei «poteri forti» e dei loro giornali, in prima fila il Corriere della Sera, ai Ds per smantellarli. Tutta questa linea ha avuto una netta battuta d'arresto non appena il Corriere della Sera ha ripetuto l'exploit già realizzato nel '94 contro Berlusconi.
A questo punto non il «complotto» ma la linea politica del Corriere della Sera è evidente: essa consiste nel disegno di favorire la parallela destrutturazione delle due principali forze politiche dei due poli - dei Ds e di taluno dei suoi leader più significativi (in primo luogo D'Alema), di Forza Italia (e ovviamente di Silvio Berlusconi), nella prospettiva di un'operazione «centrista» destinata a potenziare il ruolo politico della Margherita e dell'Udc. Di conseguenza Sandro Bondi ha rivolto un esplicito invito ai Ds a mettere da parte la loro tendenza a demonizzare l'avversario politico e a far fronte ad una situazione del tutto nuova. Quando, però, il Corriere della Sera ha «cambiato spalla al suo fucile» e ha sparato il colpo del cecchino contro Berlusconi, subito nei Ds è riemerso l'istinto giustizialista e l'on. Chiti ha avuto la faccia tosta di impartire una lezione a Forza Italia concludendo con la consueta invocazione («porti avanti la magistratura il suo lavoro»).
Non possiamo fare a meno di ricordare all'on. Chiti alcune cose che riguardano il merito delle vicende in corso. In primo luogo l'on. Chiti si fa delle illusioni se pensa che basta il fatto che l'Unipol, obbediente come un soldato, ha subito raccolto la sua perentoria richiesta delle dimissioni del dott. Consorte e di Ivano Sacchetti, per regolarizzare la situazione e per portare comunque a casa l'Opa sulla Bnl. A questo proposito manteniamo ferma l'obiezione sul fatto che non è condivisibile che un'impresa cooperativa che gode di un regime fiscale di favore, può utilizzare le risorse da ciò derivanti per mettere in atto una «scalata» si tratta chiaramente di uno stravolgimento del mercato. Ma le cose si complicano ulteriormente per l'avviso di garanzia inviato all'Unipol in quanto tale con motivazioni riguardanti il mancato rispetto di clausole richieste dalla legge per l'Opa. Inoltre la Consob ha rivelato l'esistenza di un patto parasociale non dichiarato tra Deutsche Bank e Unipol. Infine rimane aperta la questione derivante dal fatto che la Bnl è quattro volte più grande dell'Unipol e che esistono problemi di ratios e di sostenibilità finanziaria dell'operazione. Francamente riteniamo poco credibile l'operazione di «ripulitura» tentata attraverso le dimissioni forzate di Consorte e di Sacchetti. È la ripetizione, in un contesto assai diverso, della teoria delle «mele marce».
La questione non può essere liquidata in questo modo così semplicistico. Infatti è emersa ancora una volta l'esistenza di una precisa rete di persone, di soggetti, di relazioni finanziarie (il nome dell'onnipresente Gnutti dice niente?) che già emerse in altre occasioni, dalla scalata alla Telecom, alla vendita della Banca del Salento al Monte dei Paschi. Inoltre non si può dire che le Opa sull'Antonveneta e sulla Bnl sono nettamente diverse quando risultano strettissimi i rapporti fra i vertici dell'Unipol e della Bpi.
Ci si rende conto che in tutta questa vicenda si parla di cifre gigantesche rispetto alle quali i protagonisti di tangentopoli fanno la figura degli «untorelli»? Quanto poi alla «verginità» delle cooperative esse l'avevano già persa ai tempi di Tangentopoli. Consigliamo a tutti l'istruttiva lettura del libro di un dirigente delle cooperative, Ivan Cicconi, dal titolo: «La storia del futuro di Tangentopoli». Per di più è evidente che fra il partito, gli amministratori degli enti locali, le cooperative, l'Unipol, il Monte dei Paschi esistono conflitti di interesse. Anche i Ds sono a loro modo un corposo partito-azienda, anzi un partito-aziende.
Detto tutto questo, non possiamo però fare a meno di rilevare che la situazione generale è assai seria. Infatti da un lato c'è un establishment finanziario-industriale-editoriale che è il principale responsabile della crisi di competitività del sistema paese (e l'arroganza dei Luca di Montezemolo e dei Della Valle è solo una copertura polemica di questa realtà). Questo establishment ingessato ha, però, a disposizione «armi di distruzione di massa» quali alcuni importanti giornali, alcuni prestigiosi avvocati, qualche settore strategico della magistratura per cui può massacrare chi prova a disturbarlo. Se, poi, l'alternativa a questo establishment sono l'Unipol che abbiamo visto in campo, la Bpi di Fiorani, i «palazzinari» furbetti del quartierino, inevitabilmente prevarranno i tradizionali «poteri forti» e il sistema economico italiano non verrà certo modernizzato con conseguenze assai negative.

Mai come oggi la politica nel suo complesso dovrebbe essere in grado di dare risposte coraggiose e innovative, ma purtroppo il gruppo dirigente dei Ds pensa sempre che, in ultima analisi, il «circo mediatico-giudiziario», dovendo scegliere fra esso e Berlusconi, finirà col dargli una mano, come già avvenne dopo la prima fase di Tangentopoli nei confronti della Dc e del Psi.
*vice coordinatore di Forza Italia

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