Roma - Basta con le province. Mario Monti le cancellerebbe subito. «Ma non abbiamo questo potere, possiamo solo assecondare le iniziative di legge costituzionali che vadano in questo senso». Così si limita a pesante compressione. Via le giunte, via pure i compensi dei consiglieri, che non saranno più eletti dai cittadini ma nominati dai comuni. E anche il premier rinuncia al suo, doppio, stipendio. Tagli pure alle Authority, che passano da 50 a 28 membri.
Cinghie tirate Ora, assicura il premier si cambia, non solo ritoccando il sistema pensionistico, ma dando buoni esempi. Monti rinuncerà alle indennità di presidente del Consiglio e ministro dell’Economia. «Ho pensato a lungo a questo aspetto. Dare i soldi in beneficenza? Una buona idea. Però in questo momento l’ente meritevole è lo Stato italiano». Per gli altri ministri, dice ancora il professore, «sarà applicato un criterio di trasparenza internazionale: sulle nostre dichiarazioni abbiamo deciso di dichiarare per intero i patrimoni. Non vedo infatti perché non il possesso di azioni o fondi di investimento debba essere esentato da una dichiarazione patrimoniale».
Inutili Sono enti, come si legge del comunicato di Palazzo Chigi, «ritenuti non più utili». Quindi vanno asciugati, ridimensionati, retrocessi. «I consigli provinciali spiega Monti - avranno solo 10 componenti eletti dal territorio. Vengono eliminate le giunte provinciali e viene attuata una drastica riduzione del numero dei consiglieri ». Dunque, «gli organi previsti vengono riportati a ruolo del governo intermedio, con funzioni di servizio e coordinamento nei settori che saranno disciplinati con leggi statali e regionali». La conseguenza diretta del declassamento delle 109 province italiane è «il principio della gratuità delle cariche elettive degli organi territoriali non previsti dalla Costituzione, che si considerano a titolo onorifico». Le province sono già in rivolta. «Un provvedimento incostituzionale», lo giudica il presidente dell’Upi Giuseppe Castiglione.
Costi della politica I quali, sostiene Monti, «non sono solo quelli che i cittadini sopportano per gli apparati amministrativi». Queste spese verranno ancora ridotte «perché non finisce qui». Però, «il vero costo che oggi paghiamo è quello di decenni di una politica di orizzonte breve, che ha guardato solo alle prossime elezioni, facendo poca attenzione alle giovani generazioni».
Il problema centrale dell’Italia, il suo alto debito, «è colpa di chi in passato non ha dato abbastanza peso alle generazioni future: è per quella politica che oggi i giovani del nostro Paese fanno fatica a trovare lavoro, che c’è squilibrio tra Nord e Sud».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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