Se anche Verdini s'inginocchia a Saviano

Le scuse di Denis sono fuori luogo

Se anche Verdini s'inginocchia a Saviano

Figuratevi cosa ne ho pensato io, che da anni, e, come si dice, in tempi non sospetti, scrivo quanto Saviano non faccia letteratura, né saggistica, né vero giornalismo d'inchiesta (in altre parole ha avuto una botta di culo con un libro e una scrittura mediocri), quando ho saputo del senatore Vincenzo D'Anna. Il quale ha accusato Saviano di copia e incolla («icona farlocca, si è arricchito con un libro che ha copiato a metà») invocando, alla trasmissione Un giorno da pecora, di togliergli la scorta. Uno scandalo. Quando si parla di togliere la scorta a Saviano si pronuncia un'eresia, lo si vede già morto come Falcone e Borsellino. Questi ultimi, però, erano magistrati.

Quindi, in realtà, il ragionamento ci sta: se Saviano è il simbolo della lotta alla mafia, e dunque non può vivere la vita di tutti, un magistrato che combatte la mafia a Napoli quale vita farà? Non mangia gelati? Non mangia pizze? Si lagna appena può da Fabio Fazio? Tutti i pubblici ministeri della Campania e della Sicilia sono in esilio, blindati, protetti e con l'aplomb del martire? Delle due l'una: o i magistrati sono collusi con la mafia (ma il vate Saviano non l'ha mai denunciato, anzi i magistrati sono sempre buoni e giusti e coraggiosi) o Saviano gode di un privilegio spropositato, alle spese del contribuente italiano. E senza neppure essere Céline né Proust né Pasolini: semplicemente gli mancano le opere. Infatti D'Anna ha aggiunto che la camorra viene combattuta dai magistrati, dai carabinieri, dalla polizia, non certo da Saviano, sul cui feuilleton camorristico ci si fa perfino una serie tv di successo, con relativi incassi girati all'autore.

In teoria D'Anna avrebbe detto un'ovvietà. Invece il punto è un altro: una volta che un senatore di Verdini ne ha detta una giusta, interviene Verdini stesso per chiedere scusa? Un giorno da pecora, appunto.

Massimiliano Parente

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