Se «Lealtà» significa incomunicabilità

Se «Lealtà» significa incomunicabilità

Che nel parlamentino del Municipio Medio Levante (Foce, Albaro, San Martino) la situazione dei rapporti di forza tra i partiti sia, come dire?, molto fluida, non è un mistero glorioso da tempo immemorabile. A scapito, naturalmente, dell’interesse dei cittadini.
Ma che, in particolare, la distinzione fra maggioranza e minoranza, così com’era uscita democraticamente dalle urne, sia diventata ormai un rebus inestricabile - fra appoggi esterni alternati a disimpegni, e prese di distanza seguite da provvidenziali ciambelle di salvataggio alla giunta, nel più totale disinteresse dei cittadini - è un casino che non se l’aspettava nessuno. Salvo i protagonisti. Che devono sentirsi investiti di chissà quale mandato e, pertanto, autorizzati a comportarsi in allegra autonomia. Anche dal buon senso. Persino la lealtà (minuscolo) sembra saltata. Anche se la Lealtà (maiuscolo, nel senso del Gruppo consiliare di Mario Cicchetti, ex Pd, e Beppe Damasio, ex Biasotti) fa di tutto, magari senza riuscirci, per onorarla.
Lo spiega (lo spiega? Mah! Dipende dai punti di vista) una sorta di lettera aperta inviata da Damasio a Cicchetti, in cui si parte dalla polemica sul progetto di ristrutturazione del Forte San Martino - progetto avallato dal presidente del Municipio Fabio Orengo (Pdl), ma osteggiato a livello trasversale - e si arriva a una serie di considerazioni sul comportamento di maggioranza e minoranza in aula e fuori dall’aula.
Ora, a parte il fatto che non si capisce perché due rappresentanti dello stesso Gruppo, ancorché provenienti da parrocchie diverse, debbano scriversi invece di parlarsi a quattr’occhi per poi far sapere agli altri cosa vogliono dirsi, riesce difficile anche interpretare il senso più autentico del documento. Ammesso che ce l’abbia, un senso.
Dunque, vediamo: Damasio innanzi tutto invoca «lealtà che vuol dire trasparenza, sincerità, tutto si può dire a tutti». E fin qui ci siamo anche noi. Poi, però, il discorso si aggroviglia, anche per il frequente ricorso a maiuscole e minuscole assolutamente indipendenti da grammatica, sintassi e analisi logica, con cui si ricorda «che Lealtà non ha incarichi di governo e quindi è libera di agire e tutto sta in piedi con lealtà» (boh!), e «che Lealtà come è noto si differenzia nel fatto che io sono in maggioranza e Tu, Cicchetti, su questo “Governo“ del Medio Levante sei più dubbioso» (doppio boh!).
Ma l’apoteosi della Lealtà e dell’incomunicabilità si raggiunge quando Damasio prova a fare chiarezza... «Noi sosteniamo con lealtà una maggioranza che governa il Municipio che però in parte è fatta dalla minoranza». Per fortuna che anche lui conclude con un «Ti assicuro che non capisco. Tu lo capisci?», che compensa icasticamente i dubbi sui nostri limiti intellettuali e, soprattutto, fa giustizia delle malelingue che sostengono la sostanziale inutilità dei Municipi.


C’è questo e altro (ma ve lo risparmio), nella lettera di Damasio-Carneade a Cicchetti-chi era costui: è bello, comunque, leggere, vedere, respirare, fin dall’inizio, che c’è tanta passione per la trasparenza, la sincerità, la lealtà e la Lealtà. Meno, forse, per la chiarezza. Ma questa, sì, è tutta un’altra storia. E gli elettori, sentitamente, s’incazzano.

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