RomaGracida Francesco Rutelli. Nello schiamazzo piddino, lex leader della Margherita scomoda il batrace per dire la sua sul partito. Una rasoiata nero su bianco, assestata dalle colonne del quotidiano Europa di ieri. «Così il partito è fritto», il titolo dellarticolo. Un vero e proprio jaccuse su come stanno andando le cose tra i democratici. «Come il rospo del celebre aneddoto, accomodato nellacqua che sale piano piano di temperatura - scrive Rutelli -, il Pd sta ritrovandosi cotto, quasi senza accorgersene». Mica male come analisi, soprattutto perché a parlare non è Gasparri ma uno dei fondatori del Pd. «Ribadisco: se il Pd accetta di essere sistematicamente qualificato come la sinistra, più ancora che bollito, è fritto». Concetto, questo, espresso pure in passato da mister Palombelli. Ma già allora il suo grido, per restare su metafore paludose, fu come un sasso lanciato in uno stagno. Spiega oggi Rutelli: «Raccolsi inviti sparsi perché me ne andassi finalmente con lUdc». Alla faccia del dialogo e del partito aperto, sventolato ad ogni occasione dai big del Pd. Il quale, scrive lex sindaco di Roma, «viene universalmente rappresentato come la sinistra italiana... indicatore potente di quanto noi ci stiamo allontanando dalla ragione per cui è nato il Pd». Poi lamaro sfogo, colmo di pessimismo e rassegnazione: «Da quellottobre 2007 il compito del Pd e della sua leadership era formare, in modo suggestivo, aperto, partecipato, un partito nuovo. Sono consapevole che la sfida è praticamente perduta».
Non è un mistero che a Rutelli un partito troppo sbilanciato a sinistra non sia mai andato giù. In fondo lui è più vicino a Casini e Tabacci piuttosto che a Franceschini e Bersani. Radicale, ambientalista, verde, margheritino, centrista, nei mesi scorsi è stato preso a pesci in faccia dallUnità (uno dei giornali del suo partito) e non aveva affatto gradito: «Se 30 anni fa il Pci avesse posto un credente nella condizione di sentirsi ospite mal tollerato in un partito di massa e popolare - disse stizzito - non avrebbe mai ottenuto i successi che ha avuto». La connotazione «sinistra» per lui è come la peste: «Oggi anche un bambino delle elementari sa che questa definizione dellopposizione descrive la sua irrevocabile collocazione di minoranza nella società italiana». Ma quel che è peggio, scrive, «il trascorrere del tempo ha purtroppo associato al Pd, il che è più serio e grave, un dominante profilo politico e culturale di sinistra». E pertanto «laspirazione a formare la futura maggioranza democratica del Paese si allontana profondamente». Un sogno tradito, insomma.
Ad aggiungere lultimo elemento di caos nel Pd, la candidatura di Renato Nicolini, linventore dellestate romana. Architetto, ex deputato, assessore alla Cultura delle amministrazioni rosse della Capitale nel decennio 76-85, Nicolini corre per perdere: «Lobiettivo - spiega - non è vincere, ma dare voce alla cultura e allarte».
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