Se il Sud vuole salvarsi deve darsi da fare E votare con la testa

Illustre e caro Granzotto, la seguo ogni giorno e mi duole dire che l’idea che lei ha della Campania e dei suoi abitanti è ottimistica e semplicistica, tipica di chi vive altrove e crede di conoscere i meccanismi che regolano quest’area. Sì, perché è molto peggio di come pensa: glielo dice uno che è nato e vissuto a Bologna; un immigrato al contrario che passa per essere un feroce detrattore di Napoli e della napoletanità. Mi perdoni, ma qui non si tratta di «non saper scegliere chi ci deve rappresentare in Parlamento e nelle amministrazioni locali», perché il punto è che quaggiù non c’è proprio niente e nessuno da scegliere. Primo perché, salvo qualche recente e molto tardiva iniziativa legata al contrasto della criminalità organizzata e alla munnezza spalata dall’esercito, lo Stato è quasi del tutto assente. Potrei fare molti esempi, ma per capire basterebbe vivere qui solo una settimana e rivolgersi allo «Stato» quando non si può uscire o entrare in casa propria per le auto parcheggiate sul passo carrabile e ascoltare cosa lo «Stato» risponde e come interviene. Secondo: assente lo Stato, gli intellettuali e l’aristocrazia borghese si sono a mano a mano del tutto arresi, estraniati, ritirati, ritenendo (per me a ragione) più che dannoso inutile il loro impegno. Terzo: la conseguenza di tutto questo è che manca ormai una coscienza sociale; tutto scivola addosso tra l’indifferenza generale, la girata di spalle, il «c’amma fa» (che dobbiamo fare) purtroppo qui, purtroppo lì e purtroppo là. Quarto: si è così formata una classe di politicanti che non gradisce «intrusioni» e questo accade nei maggiori partiti che, le ricordo, sono retti quasi tutti a livello nazionale da settentrionali. Politici, questi ultimi, a mio giudizio molto frettolosi, fiduciosi e distratti nel momento delle decisioni più importanti come quella della scelta delle candidature. La prego di credermi; nelle medesime condizioni di abbandono la civile Brianza diventerebbe presto come Caserta; spero che al nord non dobbiate capire con troppo ritardo. Preciso che mio padre era di Roma e mia madre di Perugia; sono nato e ho trascorso anni a Bologna, oltre che a Roma e Perugia, e anni ho passato fra Taormina, Pisa e il Canton Ticino. Per farla breve, non mi sento di essere di nessun posto preciso. Sono un italiano privo di condizionamenti campanilistici.
Caserta

Mi scusi, caro Scorciarini, ma se sono in errore, lo è anche lei. Perché stiamo dicendo la stessa cosa. E cioè che la società campana si è, virgolette, «arresa, estraniata, ritirata». Rifugiandosi in un napoletanissimo ma non per questo encomiabile «c’amma fa».

Ma come, c’amma fa? E chi ha delegato «una classe di politicanti che non gradisce “intrusioni”»? Chi ha eletto sindaco e consiglieri comunali? Gli abitanti della «civile Brianza»? E la «reggenza settentrionale»? Mi dice lei, caro Scorciarini, chi ha eletto in Campania il romano Follini, la milanese Contini, la torinese De Feo, il torinese Silvio Sircana, il romano Veltroni o il bolognese Casini, tanto per fare alcuni nomi? E perché mai «lo Stato», che immagino identifichi nel Parlamento, nel governo, nella presidenza della Repubblica, dovrebbe intervenire per liberarvi dell’immondizia vostra e da voi accumulata? O per garantirvi l’accesso in casa impegnando autocolonne di carri attrezzi «statali» per sgombrare dalle auto in sosta i passi carrabili? Guardiamoci negli occhi, caro Scorciarini: il fatalismo del «c’amma fa» maschera malamente il menefreghismo del «chi m’o fa fa». Liberi di adottarlo e addirittura farvene una «cultura», ma poi, per favore, non piagnucolatevi addosso lamentando l’assenza dello Stato: oggi come oggi i primi a marcar visita siete voi.
Paolo Granzotto

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