Un segno del destino

Totti e passa la paura. Basta Totti, dal dischetto, all’ultimo respiro, e persino l’incubo Hiddink diventa un comodo trampolino di lancio per raggiungere i quarti di finale del mondiale. Come quattro anni prima, in Corea, gli azzurri restano ancora in dieci (Materazzi espulso per un fallo inutilmente duro e castigato con un rosso eccessivo) ma invece di affogare, qui artigliano un successo di rigore. Grazie all’ultimo scatto di un anonimo terzino, Grosso, suggerito dal lancio geniale di Francesco e impreziosito dalla stoccata dagli 11 metri. Nello stadio e in campo, a Kaiserslautern, esplode la festa tricolore che contamina persino la tribuna stampa: sono tanti i giornalisti ultrà che si abbracciano e si baciano lanciando strali nei confronti di Marcello Lippi, il ct finito sotto accusa per talune scelte discutibili. La sua Italia, alla quarta sfida del torneo, avvitata sul rilancio mancato di Del Piero e sulla rinuncia strategica a Totti, non entusiasma né tracima al cospetto di rivali meno che modesti. Perse le tracce esaltanti del 2 a 0 inflitto sulla schiena del Ghana, al debutto di Hannover. Stanca e logora, con le sue muse (Del Piero) rimaste senza ispirazione, la Nazionale si segnala per una mutazione genetica inattesa. Da coraggiosa e spettacolare, sta diventando un monumento al calcio pratico ed essenziale, al cinismo di una volta, tutta difesa e contropiede.
Contro i canguri di Hiddink l’ultima Italia apparecchia una prova opaca e ruvida, sbaglia qualche golletto nel primo tempo, resta in dieci nella ripresa e tira fuori l’orgoglio oltre che la salda organizzazione difensiva per riuscire a montare in sella, giusto in tempo, prima dei supplementari. A due secondi dal gong, si materializza l’episodio decisivo. Un segno del destino? Probabile. Toni, rimesso in campo, resta al palo, Del Piero, rilanciato, non coglie l’occasione fatale. I cambi invece di sprigionare energie nuove confermano stenti e un eccesso di calcolo tattico. Solo Gilardino si guadagna l’accesso al tiro e viene rimpiazzato, all’intervallo. È uno degli sfondoni da addebitare a Lippi. Aggiunto al danno tecnico e nervoso procurato dall’espulsione di Materazzi, pochi minuti più tardi, complica la vita e la qualificazione. Meglio ricorrere all’elettricità di Inzaghi. Iaquinta, la freccia di Crotone, si smarrisce alla prima curva, alla prima difficoltà, è una pedina persa. Nel mondiale personalità ed esperienza non sono qualità di secondo piano. Scavano spesso la differenza. Specie al cospetto di avversari poco abituati ai rodei internazionali. Nell’Australia di ieri, tra i più affidabili, un paio di esponenti del Parma, Grella e Bresciano, mica i lancieri del Barcellona.
Il fiore all’occhiello dell’ultima Italia, invece del gioco d’attacco e del tridente luccicante, è ora una difesa fusa nell’acciaio di Cannavaro e Buffon, nel contributo decisivo di Zambrotta, recuperato alla migliore efficienza fisica. Disposti con mano felice sul campo, accolgono anche un debuttante come Barzagli senza avvertire contraccolpi. Resistono e resistono bene alle spallate dei canguri. Un gol subito, uno solo, su autorete (di Zaccardo) in 360 minuti è il fatturato da applausi a scena aperta. Da quelle parti non si passa, poche storie. Nonostante la rinuncia, dolorosa, a un fuoriclasse come Alessandro Nesta, fermo ai box per un acciacco muscolare. Sei le reti all’attivo, l’altro calcolo che documenta il carattere concreto della compagnia. Non hanno bisogno di una goleada per mettere al muro l’avversario. Utilizzato, ieri pomeriggio, l’ultimo secondo a disposizione. Ha il cronometro incorporato, questa squadra umile e operaia.
Applausi a Totti e alla sua bella storia di vecchie e nuove rivincite allora ma che nessuno si azzardi a trasformare lo stiracchiato 1 a 0 sull’Australia in una memorabile impresa. Non solo per il gioco scadente. Ma anche per lo spessore tecnico, in verità ridotto, del rivale. L’Australia vale gli Usa non certo la Germania o l’Argentina, passate al vaglio di esami impegnativi, la Svezia e il Messico.

Lippi e i suoi cavalieri si ritrovano nei quarti, attesi ora dall’Ucraina di Shevchenko, grazie a un percorso facile facile. Sono una squadra segnata dalla stanchezza e dagli infortuni, oltre che dalle squalifiche. Hanno bisogno del Totti rifiorito. Con Totti passa la paura. Fino a quando?

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