Roberto Scafuri
da Roma
Venticinque votazioni alla Camera, e in più dun caso i voti di vantaggio sono tre o quattro. Una votazione nella mattinata del Senato, e la Cdl vince di quattro, 151 a 147. Quattro capigruppo roventi, assemblee con scarico di responsabilità, il governo che decide di porre la fiducia a Montecitorio sul decretone della Finanziaria e che a Palazzo Madama è costretto a cedere sul calendario. Il mercoledì nero di Romano Prodi finisce come sarebbe piaciuto a Pirandello. Un «così è se vi pare» (sottinteso: la maggioranza). Uno psico-dramma che si consuma nellaula del Senato, dove la «maggio-minoranza» (così ironizza il leghista Castelli) si riduce a fare auto-ostruzionismo. Discorsi fiume, interventi in dissenso, citazioni del regolamento eccetera: insomma, lintero repertorio del filibustering parlamentare pur di non andare alle due votazioni previste. Si riuscirà a sventarne una.
Sfratto al Senato. Il decreto sugli sfratti, misura urgente cara alla sinistra radicale, arriva di buon mattino in aula assieme al ministro Paolo Ferrero. Il provvedimento è finito già sotto le «cure» della commissione Bilancio presieduta dal riformista Morando (già un segnale della «fase due» chiesta da Fassino e Rutelli, ma invisa a Prodi?). Fatto sta che la Cdl coerentemente pone una pregiudiziale di costituzionalità, per mancanza di copertura. Si va al voto, mentre sui banchi della (ex?) maggioranza si cerca affannosamente di capire se conviene uscire tutti e nel contempo chiedere la verifica del numero legale (ma non si può). Morale: arriva luppercut, il «direttissimo» che colpisce in volto un governo già pieno di acciacchi. Si conteranno soprattutto i feriti, perché nelle file della maggio-minoranza mancano quattro senatori finiti in ospedale: Fosco Giannini (Prc), Gerardo DAmbrosio e Graziano Mazzarello (Ulivo), Helga Taler-Auserhofer (Autonomie). Altri quattro sono in missione: Lamberto Dini, da più una settimana in Giappone; Felice Casson, partito per la Cina in rappresentanza di Marini; Giancarlo Sinisi, a Parigi per la Ueo; Edoardo Pollastri, a un congresso nella sua America del Sud (è eletto allestero). Assente ingiustificata la ministro Turco. Fuori squadra: Sergio De Gregorio. Intanto la base dei senatori ulivisti tuona contro le missioni. Battuta migliore, quella di Storace che, rivolto a Cossutta, fa il finto tonto: «Mandate migliaia di militari in Libano e non ce la fate a portare dieci senatori in aula?».
Unione sotto choc. Sospesa la seduta, si va in capigruppo, dove la maggioranza cerca di scongiurare il prosieguo della giornata, che prevede due votazioni su esponenti del governo senatori. La riunione è tempestosa, Anna Finocchiaro mostra polso fermo e savoir faire in dosi uguali, ma non basta, perché la ragione è dalla parte della Cdl. Che propone di cambiare le due votazioni con una ma sul decreto-flussi, un tema nel quale la posizione dellUnione è corrispondente: ovvero più che fluida. Dopo oltre due ore, si finisce con il misero ostruzionismo «alla Tafazzi», ovvero quel personaggio che ce laveva con se stesso e se le dava. LUlivo riunisce il gruppo, la Finocchiaro promette maniere forti in caso di «sgarri» e una diversa gestione delle missioni che portano via uomini alla Causa. Sarà però soltanto la stanchezza di otto del centrodestra (Casoli, DellUtri, Firrarello, Divella, Morselli, Ramponi, Delogu) a consentire al senatore Bubbico di lasciare il posto a Adduce. Considerazione storica di Storace: «Finalmente posso salutare Adduce senza essere cacciato da An!».
Camera blindata. Per superare un mini-ostruzionismo Cdl, ma considerando soprattutto i voti risicati sugli emendamenti, il ministro Chiti orienta la maggioranza verso lunico approdo praticabile: ovvero la fiducia sul decretone della Finanziaria. Una scelta duramente criticata dalle opposizioni, ma considerata inevitabile già da qualche sottosegretario di naso fino. Solo che si immaginava necessaria al Senato, non alla Camera. Segno che cambiano i tempi, considerate le baruffe scoppiate allinterno del governo sullIrpef e sulla «fase due». Prodi non ne vuol sapere, «non sono luomo per tutte le stagioni». Poi si risolleva dal tappeto, sostiene che in Senato è stato «un incidente di percorso». «La maggioranza cè ed è tranquilla - dice -: ovvio che su certe cose cè meno tensione e meno attenzione. Cera gente in missione o a spasso, quando ci si può distrarre, i senatori si distraggono.
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