da Roma
A Palazzo Madama ce nera uno soltanto, capace di far «volare» la macchina. Il leghista Roberto Calderoli, vicepresidente dellAssemblea del Senato per lunghi tratti della trascorsa legislatura, veniva fatto scendere in campo dalla Casa delle libertà quando cera da «fare in fretta». Sarà stato per leloquio o i modi spicci «alla bergamasca», ma la cosa funzionava con i poveri maratoneti che dovevano superare le tattiche ostruzionistiche della minoranza. Resta memorabile quella volta che, da vero imbonitore di pubblica piazza, riuscì a sedare unaula rumoreggiante, giunta ormai allo spasimo per i morsi della fame e non solo. «Avanti-signori-avanti!... Ancora-dieci-minutini-e-chiudiamo... Per-dieci-minuti-nes-su-no-è-mai-mor-to-di-fa-me... Dieci-minuti-dieci... Poi tutti a far la pipì».
La principale tattica ostruzionistica al Senato si fonda sulla norma prevista dallarticolo 107 del Regolamento (comma secondo e seguenti): «Si presume che lAssemblea sia sempre in numero legale per deliberare; tuttavia se, prima dellindizione di una votazione per alzata di mano, dodici senatori presenti in aula lo richiedano, il Presidente dispone la verificazione del numero legale». Bel problema, per la Casa delle libertà nei cinque anni appena trascorsi: tanto che si provò anche a modificare il Regolamento per adeguarlo a quello della Camera, molto più tollerante rispetto alla verifica del numero legale.
Ma il problema si è fatto persino esiziale, per lattuale maggioranza dellUnione, che ha i senatori contati. Nonostante «i tempi non siano ancora maturi», le grandi manovre per risolvere il problema sarebbero già cominciate. Se nè già parlato, anche se labolizione della verifica del numero legale, come per qualsiasi emendamento al Regolamento, necessiterebbe di una maggioranza qualificata: ovvero la metà più uno dei componenti del Senato (articolo 167, comma 5). Insomma, il percorso per tenere più tranquilla la maggioranza è apparso agli stessi funzionari sollecitati irto di difficoltà e di ardua percorribilità.
Una soluzione più a buon mercato, attuabile e già allo studio, è sembrata allora quella di lavorare sul calendario dei lavori. Andrà reso più razionale, sullesempio di quello dei colleghi deputati. Si potrebbe riservare, per esempio, la prima settimana di ogni mese a cinque giorni di lavoro nelle commissioni. La seconda, a tre giorni fissi di discussioni in aula (martedì, mercoledì e giovedì). La terza, se possibile, a tre giorni interi di votazioni. La quarta, di riposo, riservata al lavoro sul territorio (comè stato anche nel recente passato). In questo modo, hanno ragionato in ristretti circoli senatoriali, la risicatissima maggioranza dellUnione avrà maggiore possibilità di accorrere là dove la coperta troppo corta avrà bisogno di rinforzo.
Dagli uffici legislativi di Margherita e Quercia, invece, è già stato copiosamente affrontato il principale problema costituito dallunificazione dei due gruppi. Quello economico. Una questione che non attiene però al Regolamento, quanto a una delibera dellUfficio di Presidenza.
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