Serialità

Nuova stagione per The Bear: la serie cult sul lato oscuro della ristorazione

Dopo i fasti dello scorso anno su Disney+ ci sono i nuovi episodi di The Bear. La premiata serie tv racconta, ancora una volta, cosa significa essere uno chef ambizioso

Nuova stagione per The Bear: la serie cult sul lato oscuro della ristorazione
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È un’estate caldissima per gli amanti delle serie tv. Lì dove si ferma la programmazione delle reti generaliste, in aiuto del serial addicted giungono le tante piattaforme streaming che sono disponibili nel nostro Paese che, pedissequamente, non si prendono mai un attimo di riposo per cercare di offrire sempre qualcosa di nuovo ai propri abbonati. E, proprio nel bel mezzo dell’estate, sulla piattaforma di Disney+, dal 16 agosto, torna una di quelle serie tv che più hanno interessato il pubblico nel corso della passata stagione, e che hanno animato un dibatto costruttivo tra la critica di settore. Stiamo parlando di The Bear che, a ridosso (quasi) della programmazione americana, fa ritorno in Italia con gli episodi (disponibili tutti insieme) che compongono la stagione numero due. Una serie originale sotto tutti i punti di vista, che racconta senza freni e senza peli sulla lingua ciò che rappresenta il mondo della ristorazione. Ed è bastato poco a The Bear per imporsi nel panorama televisivo americano.

Pur restando una serie per veri intenditori, ha saputo parlare alla pancia del pubblico arrivando dove in pochi si erano spinti. A fronte di un successo stratosferico – la prima stagione è stata un amore a prima vista – c’erano grandi aspettative nei riguardi del secondo capitolo di The Bear. Abbiamo avuto modo di dare uno sguardo in anteprima ai nuovi episodi e una cosa è certa: la serie non propone la stessa miscela già collaudata, anzi va ben oltre i suoi limiti, e punta a stupire con un racconto ancora più "estremo" e fuori dagli schemi. Che The Bear sia già un cult dopo una manciata di episodi? Assolutamente sì.

La rinascita di Carmy e del suo staff

La parola chiave è rinascita. Se nel corso della prima stagione abbiamo conosciuto Carmy (con il volto del convincente Jeremy Allen White, ex protagonista di Shameless) e i suoi "oscuri" demoni interiori, adesso diamo uno sguardo a un altro lato del carattere. Deciso più che mai a far fruttare l’eredità del fratello, chiude il The Original Beef per cercare di aprire un nuovo ristorante. Non più panini e piatti veloci ma un luogo in cui potersi ritrovare e gustare i sapori della buona cucina. E con il suo staff sgangherato, aiutato anche dalla sorella e dal cugino, Carmy cerca di proseguire diritto nel suo obbiettivo. Gli servono 500mila dollari per dare smalto alla struttura e ha solo 18 mesi di tempo per estinguere il suo debito. Quindi, lavorare e aprire il ristorante è la sua principale preoccupazione. Ma non è facile riuscire a sbrogliare il nodo alla matassa, dato che tra problemi di burocrazia, gestione dei nervi e dello staff, Carmy deve dare fondo a tutte le sue energie per non crollare (definitivamente).

Perché la stagione 2 convince come la prima

Pur mantenendo lo stesso stile narrativo della precedente stagione, i nuovi episodi di The Bear sono una vera gioia per gli occhi, il cuore e l’anima. Una serie che con pochi mezzi si è fatta portavoce di una realtà lavorativa da sempre vista come un mondo elitario e dove i sogni diventano realtà, ma invece niente è ciò che sembra. E The Bear, fin dall’inizio, si è approcciato senza troppi falsi perbenismi al mondo che c’è dietro i tavoli del ristorante e la miscela ha convinto proprio per quel motivo. La seconda stagione ha l’insano compito di non proporre una miscela riscaldata ma di andare oltre le stesse aspettative del pubblico. Per fortuna così è stato, perché, fin dal subito, si intuisce la cura nei dettagli e quella voglia di scendere sempre più fondo nel raccontare la ristorazione con i suoi riti di passaggio, i litigi, le "faide" e chi più ne ha più ne metta. Accade di raro che una seconda stagione possa essere migliore (o alla stregua) della prima ma The Bear compie un vero e proprio miracolo. In un mondo seriale in cui sono poche le serie che restano, quella di Disney+ è l’eccezione alla regola.

Una serie verbosa ma graffiante

Ha i ritmi di una commedia – gli episodi durano appena 30 minuti -, è frenetica, le voci si accavallano le une alle altre e non ha una linea narrativa ben strutturata, eppure piace proprio per queste sue caratteristiche. Perché è un prodotto originale. The Bear è una serie verbosa – forse anche troppo – in cui si parla e si agisce poco ma è in quei dialoghi urlati e graffianti che si trova la bellezza delle serie tv. Ben lontano da essere una critica alla società dei consumi, lo show cerca di scandagliare il mestiere del ristoratore senza falsi moralismi, mostrando quanto sia difficile gestire un ristorante e quanto sia difficile bilanciare la propria vita e il lavoro. Un binomio di grande importanza che traspare – molto bene – attraverso la storia intima e personale di Carmy che da promessa della cucina stellata si trova a gestire una grande crisi familiare.

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Il mondo della cucina come non lo avete mai visto

The Bear, però, non è una serie che parla di cucina, di ricette e quant’altro. Non è come uno di quei reality show che, in America e in Italia, sono così celebri tanto da ridare smalto alla figura dello chef. La serie è dura, spessa, crudele (nei modi) e nella messa scena. Si va ben oltre l’immagine che abbiamo di questo mestiere. Come tutti, anche essere chef significa combattere tutti i giorni per essere migliori, per emergere in un contesto che chiede sempre di più, e per cercare di restare a galla in un mondo in cui si pensa solo a mostrare il meglio di noi stessi a discapito della propria sanità mentale.

Ben distante da una storia tutta lustrini e paillettes, The Bear è l’anello di congiunzione tra la buona cucina e cosa significa regalare emozioni attraverso un buon piatto preparato con sudore e… sangue.

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