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Sudore, lacrime e sangue. Su Disney+ c'è The Bear: ecco perché tutti ne parlano

Cosa succede nella cucina di un pub di quartiere? La serie The Bear, su Disney+, racconta il mondo della ristorazione con un tratto crudo e disilluso

Sudore, lacrime e sangue. Su Disney+ c'è The Bear: ecco perché tutti ne parlano

Era già un cult prima ancora che la serie arrivasse in Italia. In onda in America dal giugno del 2022 con un buon successo da parte del pubblico – tanto è vero che si sta pensando a una seconda stagione – The Bear è arrivato nel nostro Paese lo scorso 5 ottobre su Disney+, dove nel catalogo vengono inseriti tutti gli episodi, 8 in tutto, di una commedia nerissima che sta facendo parlare di sé. Il pubblico è rimasto letteralmente colpito da una storia che alza il velo sui meccanismi che ci sono nel mondo della ristorazione; la critica, invece, non ha fatto altro che tessere le lodi di un prodotto unico nel suo genere, che porta in tv qualcosa di nuovo rispetto a quello che oggi transita sui nostri schermi.

The Bear è una commedia solo perché gli episodi sono brevi e incisivi, ma non strappa neanche una risata. È una storia grottesca e, allo stesso tempo, è un racconto forte e drammatico di un ragazzo che si trova a combattere contro e per i suoi sogni. È una serie atipica, quella che si trova su Disney+. Bella e di straordinaria fattura, però, è ancora troppo giovane per essere un vero e proprio cult. Tutti la amano e sul web si leggono solo parole di apprezzamento. The Bear è – per davvero – una serie che merita di essere vista?

Il "mondo" della ristorazione come non lo avete mai visto

Frenesia. Un aggettivo calzante per descrivere The Bear in poche parole. Non c’è un prologo per far capire allo spettatore cosa sta accadendo. Viene subito gettato nella mischia, tra i fornelli accesi e sempre caldi, tra aspre litigate tra colleghi e pranzi cucinati con velocità. Ci troviamo a Chicago, in un anonimo pub di quartiere che viene gestito, con tanta fatica, dal giovane Carmy (Jeremy White). Lui è uno chef stellato, che ha lavorato nelle cucine dei ristoranti più celebri della Grande Mela, ed è stato premiato come miglior cuoco emergente ai James Beard Awards. Torna nella sua città natale dopo che il fratello si è suicidato, lasciando in eredità il The Beef e più di 300 milioni di debiti. Carmy cerca di stare al passo e, allo stesso tempo, di restare a galla e non affogare nei suoi problemi personali e lavorativi. Ogni giorno è una sfida, ogni giorno c’è un’emergenza da risolvere, ma Carmy può fare affidamento sulla giovane Sidney, che come co-chef, comprende ciò che sta accadendo nella vita del giovane imprenditore. Salvare il The Beef è l’unica scelta plausibile, ma allo stesso tempo, il giovane deve salvare se stesso da un crollo nervoso.

Un amore (viscerale) per la cucina

The Bear ha un pregio. Racconta di un mondo che in pochi conoscono e che viene guardato sempre con una certa ammirazione. Essere uno chef, gestire il lavoro dentro e fuori la cucina di un ristorante non è affatto facile. Solo chi c’è "dentro" può capirlo e comprenderlo. La serie tv è una lettera d’amore a ciò che succede dietro i fornelli. Si raccontano "miti", "leggende", riti di passaggio e si racconta anche (e soprattutto) cosa vuol essere uno chef. La fatica, gli abusi verbali, gli eccessi, i vizi e le poche virtù: Carmy rappresenta tutto questo e lo rappresenta nel migliore dei modi, senza mai dare un cenno di cedimento. È sempre al lavoro, è sempre determinato, è sempre pronto a mettersi in gioco. Perde le staffe solo quando è nel suo appartamento e quando i demoni disturbano la sua solitudine.

L’ex divo di Shameless in un ruolo molto realistico

È una serie corale, questo è vero. Attorno a Carmy girano un mucchio di figure - alcune fuori dagli schemi - che fanno comprendere quanto sia difficile essere uno chef. Ma, in realtà, The Bear è la storia di un ragazzo che cerca di non perdere la testa e che cerca di ovviare agli errori commessi dal fratello, senza pensare al proprio benessere fisico e mentale. Jeremy White riesce in un’impresa impossibile. L’ex attore di Shameless – era Lip, il fratello di mezzo -, classe 1991, convince per una recitazione immediata, di petto e di spirito. Nel dare voce a un’intera categoria di lavoratori, il giovane attore originario di New York, è capace di stare al passo sia con il laro comico che con quello drammatico dello show, mostrandosi molto versatile nel portare sul piccolo schermo un ruolo difficile ma di grande impatto emozionale.

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Cosa c’è "dietro" The Bear?

C’è un orso che appare nella prima scena del pilot, che rappresenta un incubo e un’allucinazione di Carmy. Dietro questa presenza c’è un significato che si sposa alla perfezione con le intenzioni della serie tv. The Bear non è solo il soprannome del fratello morto del protagonista, ma più che altro è un simbolo evocativo della rottura tra Carmy e Mickey. Con il suicidio del fratello, in un certo qual modo, il giovane chef si trova costretto ad affrontare i suoi problemi e a risolvere quelli lasciati insoluti da Mickey. L’orso rappresenta un conflitto e una profonda auto-consapevolezza. Chiudere dentro una gabbia quel pericoloso animale (che tanto pericoloso non è) significa affrontare i legami familiari e capire come "ricucire" uno strappo.

Ben oltre un reality show

Così frenetico che sembra di guardare – quasi – uno di quei show culinari, con il classico chef dai comportamenti passivo-aggressivi che mette timore ai suoi sottoposti. The Bear mantiene quell’alone, ma, da come abbiamo già specificato, va ben oltre alle apparenze. Racconta cosa succede nella cucina di un ristorante, ma spiega anche i lati oscuri di un mestiere bellissimo in cui la passione non basta, in cui vince solo il più forte. Il talento è una componente aggiuntiva. Ma è anche il ritratto dei tempi che corrono, dove anche i migliori devono fare i conti la crisi economica e la crisi dei consumi.

Una serie dal successo troppo istantaneo

Sì, The Bear convince molto. Se vogliamo tirare le somme, dopo aver divorato gli 8 episodi della prima stagione, ne usciamo frastornati ma arricchiti. È un prodotto nuovo, che si discosta da ciò che c’è in tv nell’ultimo periodo. Piace per la sua immediatezza e per i temi che si leggono tra righe, ma, di fatto, The Bear ha successo proprio perché ha infinite chiavi lettura. Risulta appetibile a quel pubblico che cerca una serie "nuda e cruda" ma interessa anche allo spettatore medio a cui piace sperimentare. È un prodotto di alto profilo però è ancora troppo presto per etichettarlo come cult. Tutto si svolge troppo velocemente per comprendere la sua pienezza.

Resta una serie originale, la più originale del 2022, ma per capire se è resterà negli annales, c’è da aspettare ancora un po' di tempo.

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