Serve una commissione su Mani pulite

La fine della Prima Repubblica fu determinata dall’implosione di un intero sistema politico e dal crollo di quel sistema ideologico che aveva dominato le sorti del mondo per quasi tutto il Novecento e non c’è da meravigliarsi se fu l’Italia, che della Guerra fredda era stata l’avamposto democratico - avendo in casa il più grande partito comunista dell’Occidente - a pagare il prezzo più alto di quello sconvolgimento epocale. Neppure la Germania, che pure aveva visto ergere il Muro come una ferita storica dentro la sua vecchia capitale, dopo l’89 ha dovuto vivere una transizione drammatica come la nostra, nonostante le inchieste che investirono il partito di governo e il leader che l’aveva guidata all’unificazione. Lì il sistema resse, qui invece la furia giacobina allestì un immenso piazzale Loreto giudiziario che spazzò via tutta la classe politica che aveva mantenuto il Paese nella rotta delle grandi democrazie liberali. A scampare alla bufera furono i figli politici di Berlinguer, sotto il comodo ombrello della diversità etica, e la sinistra Dc, che del Pci era stata la sponda politica nella stagione del consociativismo. Anche questo è stato uno degli elementi dell’anomalia nazionale di cui tanto si parla, perché la storia di solito la scrivono i vincitori, mentre in Italia gli unici a sopravvivere politicamente al crollo delle ideologie furono gli sconfitti.
La sinistra era a pezzi, esattamente come i partiti che sparirono di scena, ma usò cinicamente come puntello un corpo dello Stato - l’ordine giudiziario - per presentarsi agli italiani con una fedina pulita, grazie anche all’amnistia dell’89 che era stata generosamente concessa al Pci. Non voglio dilungarmi oltre, ma ritengo non si possa dimenticare la genesi di Tangentopoli se si vogliono analizzare le fibrillazioni attuali del Partito democratico, alle prese con una questione morale che Domenici - il sindaco incatenato - tenta disperatamente di derubricare a «questione politica». Ma nascondere l’esistenza della questione morale nel Pci-Pds-Ds-Pd significa perpetuare una falsità storica, nascondersi ancora dietro il bene supremo del Partito per il cui fine ogni mezzo diventa lecito e, quindi, di per sé etico. Chi vive in Toscana e a Firenze sa quanto pervasivo sia stato e resti il sistema di potere rosso dei clientelismi e dei socialismi municipali, un sistema che alla fine - privo ormai di un pur minimo cemento ideologico - sta implodendo sotto il peso della bassa politica.
La realtà è che il Pd sta pagando tutti insieme gli errori e le furbizie degli ultimi venti anni, i conti non fatti con la storia e la pretesa di restare sulla cattedra di una superiorità politica, amministrativa e morale che è solo una leggenda sapientemente alimentata dal circuito autoreferenziale dell’egemonia culturale. Bisogna ribadire, una volta per tutte, che se è vero che il sistema dei partiti democratici crollò sotto il peso dei finanziamenti illeciti, è vero anche che l’origine di questa deriva va ricercata nei flussi costanti di denaro che da Mosca giungevano incessantemente nelle casse del Pci, in parte direttamente, in parte attraverso le cooperative rosse, e che i competitori dovettero adeguarsi per non soccombere. Io credo che una delle più grandi ingiustizie della nostra storia recente sia quella per cui i grandi leader del Pci hanno tutti un posto nell’Empireo della politica, mentre Bettino Craxi è morto in esilio e figura in alcuni libri di storia accanto a Totò Riina. Se non fa ordine in queste cose fondamentali, come può la sinistra sperare di farla ancora franca? La storia prima o poi il conto lo presenta sempre. Per questo Veltroni non è propriamente attendibile quando sostiene che il Pd è nato per rinnovare la politica italiana. Il Pd? L’assemblaggio del vecchio Pci con la vecchia sinistra Dc guidato da un eterno giovanotto che prima, insieme a Occhetto e a D’Alema chiese a Craxi il passaporto per l’Internazionale socialista, salvo poi pugnalarlo alle spalle, e ora cerca di riprendere il controllo del partito usando con il rivale di sempre la stessa «questione morale»? Ma non scherziamo. Compagni, è l’ora della nemesi, e alla nemesi non si scampa con i vecchi trucchi. Avete alimentato il vostro popolo col giustizialismo, e ora non sapete più come spiegargli cosa vi sta succedendo.
Avete imbarcato Di Pietro e ora guardate con smarrimento venir meno il puntello di quella magistratura politicizzata che sta facendo franare l’intero ordine diventato potere. Mentre Di Pietro, che è l’espressione più deteriore dell’antipolitica e che unisce il peggio della sinistra giacobina e il peggio della destra qualunquista, vi sta mangiando popolo e consensi.
Ci vuole un’operazione di verità, per il bene della sinistra e dell’intero Paese.

A me le commissioni non sono mai piaciute, ma forse è il momento di riprendere il vecchio progetto di una commissione su Tangentopoli, per spazzare via i miasmi che continuano ad avvelenare la politica italiana. Una commissione il cui spirito deve essere solo quello di mettere finalmente in archivio l’anomalia italiana e questa eterna transizione.
*coordinatore nazionale Fi

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