Sgomberato il fortino del racket: liberati (e riassegnati) gli alloggi

Continua il pugno di ferro contro gli irregolari: blitz in via Luigi Monti Sos Usura: «Da 30 anni qui dettano legge i clan: c’è voglia di legalità». Allontanati anche i parenti dei boss che piazzavano le case dietro compenso

Lo sgombero delle case occupate in via Padre Luigi Monti inizia alle prime luci della giornata e dura una mattinata intera. Con gli agenti delle forze dell’ordine, una settantina o poco più, che entrano nei cortili dei palazzi popolari del Comune e iniziano a liberare gli appartamenti dagli abusivi. Prendendosi gli insulti degli inquilini che reclamano il diritto alla casa, senza condizioni. Il bilancio nel primo pomeriggio parla di sei alloggi riconsegnati alla proprietà in cui abitavano senza alcun titolo 14 italiani e una donna con il figlio di origine nordafricana. E di un uomo di trent’anni arrestato dalla polizia per resistenza e violenza a pubblico ufficiale dopo aver minacciato di darsi fuoco con della benzina. Parte del liquido infiammabile che il giovane, pregiudicato per reati contro il patrimonio e già sottoposto a sorveglianza speciale, teneva in una bottiglietta è finito anche addosso a due agenti mentre tentavano di bloccarlo. Ci sono anche tre famiglie coinvolte nelle operazioni di ieri che gravitano intorno a Giovanna Pesco, ormai nota come la signora Gabetti, il boss del racket delle occupazioni abusive finita agli arresti dopo le rivelazioni dell’associazione Sos Racket e Usura. Si tratta della madre della Pesco, Benedetta Priolo, del figlio e dell’ex marito.
«Dopo trent’anni, finalmente si sta liberando il quartiere dal dominio criminale di questi soggetti - dichiara il presidente di Sos Racket e usura, Frediano Manzi -. Era ora, adesso si comincia a ripristinare la legalità». Proprio così, la battaglia a irregolari e criminalità continua e non si ferma. Lo si capisce dalla rapidità con cui sono stati chiusi gli alloggi con le porte blindate subito dopo aver svuotato gli appartamenti dagli occupanti. Lo si vede a fine mattinata, quando il Comune ha già provveduto a consegnare ad Aler che ha in gestione gli stabili, le pratiche delle famiglie individuate come possibili assegnatarie, per procedere più velocemente con la formalizzazione dei contratti. Un meccanismo tempestivo che conferma la continua e sempre più stretta collaborazione con l’amministrazione comunale, lo definisce l’Azienda di viale Romagna che ricorda: «Insieme agli agenti della polizia e dei carabinieri è stato espugnato il più importante snodo del racket delle occupazioni abusive nei quartieri popolari». E ci sono buone ragioni per credere che la programmazione di sgomberi massicci possa proseguire già nelle prossime ore. Per restituire ai cittadini un quartiere intero finito in mano alla criminalità organizzata che gestiva l’assegnazione degli alloggi sotto compenso. Mille euro per un monolocale, duemila per un bilocale: i prezzi variavano a seconda delle dimensioni dell’appartamento. Oltre alla tangente «chiavi in mano» che i nuovi occupanti erano tenuti a versare ai boss del racket.
«Dopo le denunce dei cittadini e delle associazioni, le manifestazioni nel quartiere e i sopralluoghi della commissione sicurezza, riprende finalmente l’opera di “bonifica” di un quartiere in mano a pochi delinquenti - dichiara il capogruppo della Lega Nord in consiglio comunale, Matteo Salvini. Che ringrazia Aler e le forze dell’ordine per l’intervento, ed è sicura che lo sgombero di tutti gli abusivi delle case popolari, con priorità ai pregiudicati, proseguirà senza sosta. Se lo augurano anche i cittadini con un regolare contratto di affitto nei palazzi di via Padre Luigi Monti e che per anni sono stati costretti a subire la prepotenza e l’arroganza di un clan di malavitosi. A vivere sotto il terrore delle minacce e delle ritorsioni se soltanto si fossero azzardati a denunciare alle forze dell’ordine quelle illegalità. «Chi delinque, chi è affiliato a clan criminali, chi è socialmente pericoloso non può restare nel quartiere - afferma l’assessore regionale ed esponente del Pdl, Stefano Maullu -.

Non sono i collaboratori della giustizia che devono temere per la propria incolumità o trasferirsi in altre abitazioni, ma chi negli anni ha prodotto e alimentato il crimine e l’illegalità. Questi ultimi devono avere paura della giustizia e dello Stato».

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