Cultura e Spettacoli

«Show di Morandi di serie B? Ha rivitalizzato il varietà»

La sua gag è una vera perla. Ma a me Gianni ha detto: «Con la nuova immagine ci campo quindici anni»

Maurizio Caverzan

da Milano

Diego Cugia ha un caratteraccio. È egocentrico, narcisista e anche un po’ misantropo. Niente da dire, roba che va catalogata nella colonna dei difetti. Ma che spesso, come in questa caso, è solo il lato B dei geniacci scomodi. Non a caso Cugia, 53 anni romano ma di famiglia sarda, una lunga militanza come autore radiofonico, litiga con quasi tutti i direttori per i quali lavora: Sergio Valzania di Raidue, da dove esternava il mitico Jack Folla che però a Valzania non andava; Giancarlo Santalmassi di Radio 24 che lo ha prima accolto poi frenato infine rilanciato con Zombie; Fabrizio Del Noce di Raiuno, dove ha lavorato a Rockpolitik e a Non facciamoci prendere dal panico, il varietà di Morandi che ha registrato ascolti inferiori alle attese. Poi ha un altro difetto (che forse è il lato B di un pregio): non si fida dei giornalisti - anche di quelli che conosce da tempo come il sottoscritto - e delle sintesi di chi lo intervista, e preferisce ricorrere a domande e risposte scritte.
Imputato Diego Cugia, secondo la vulgata dominante, sei colpevole di plagio nei confronti di Gianni Morandi. Come ti dichiari?
«Mi dichiaro colpevole, per vocazione. Non amo gli eterni innocenti che attribuiscono le proprie colpe agli altri, alla sfortuna, al destino. La verità è che Morandi ha plagiato me. Mi ha fatto diventare buono. Terribile».
La gag di Fiorello che imperversa in questi giorni a Viva Radiodue descrive questo meccanismo: tu suggerisci dei comportamenti innaturali a Morandi che obbedisce passivo, salvo poi, cantando, lasciarsi sfuggire la sua vera indole... La nuova immagine di Morandi è stata un po' forzosa?
«Intanto ha una nuova immagine. Ti sembra poco? Gianni, scherzando, mi ha confessato: “Ci campo altri quindici anni!”. Io gli avevo solo suggerito questo: “A insistere sull'eterno ragazzo, dopo i 62 anni, si rischia di diventare patetici. Tira fuori i lati della personalità che il pubblico non conosce, compresa la tua rabbia”. La gag di Fiorello è una perla. Ma tutto gira intorno a un equivoco, che Morandi sia un chierichetto. Sai cosa mi ha detto, invece? “Ti sembra che un artista che calca i palchi di tutto il mondo da mezzo secolo possa non essere anche cattivo?”. Bene, gli ho fatto, usa anche questa ombra. Facciamola diventare una luce».
Luce? Quelle panic camera erano patetiche, poco credibili...
«Sarà, ma non c'erano trucchi. E l'ultima candid, quella in cui Gianni interrompe un matrimonio, ha preso 4 punti di share. Chiamalo patetico. Morandi era di una cattiveria smagliante. La sposa balbettava. Lo sposo gli urlava “Ti ammazzo!”...».
A proposito di share, avete avuto grandi ospiti: De Gregori, Baglioni, Dalla, Paul Anka e tanti altri, ma lo show non ha mai superato il 22 per cento.
«Intanto, per onestà di cronaca, abbiamo vinto la serata cinque puntate su sei. Nell'ultima abbiamo chiuso al 21 e rotti, lasciando Canale 5 al 16 per cento. La televisione è cambiata. Ci sono i satellitari, l'offerta è mirata e parcellizzata. Di soldi ce n'è pochi e di uomini-evento in Italia ne sono rimasti tre: Benigni, Celentano, Fiorello. Anche gli one-man-show sono da ripensare. Gli ospiti sono logorati, sempre gli stessi. La formula è prevedibile. Con Giampiero Solari e gli altri autori, abbiamo piazzato un anti-soubrette straordinaria, Esther Ortega, e restituito uno straccio di dignità senza tettone e roba disgustosa a un genere dato per morto: il varietà».
Non credi che il tormentone ce l'ho/mi manca richiamasse troppo da vicino rock/lento...
«Certo. Li ho inventati tutti e due io».
Con la differenza che mentre il gioco di Celentano si occupava dell'essere, quello di Morandi si fermava all'avere, un po' figlio del materialismo, della cultura dei gadget...
«Ma che dici? “L'Italia nel consiglio di sicurezza dell'Onu ce l'ho. Ma la sicurezza di vivere in pace in Israele mi manca. E che la Palestina sia riconosciuta come uno Stato libero: mi manca”. Se questa è cultura dei gadget... Io sono un farabutto. Uso i tormentoni scemi per dire qualcosa di serio. E mentre tutti canticchiano col coro Non facciamoci prendere dal panico, Morandi si scaglia contro la pedofilia, come nell'ultima puntata. Oppure tu hai sentito: “Il Rolex d'oro ce l'ho, ma il cinturino di coccodrillo mi manca”? Perché a me non risulta».
Anche applicare l'esistenzialismo apocalittico di Jack Folla all'interprete di Uno su mille ce la fa è stata impresa ardua. O no?
«Caro Pubblico Ministero, questo è quello che ha scritto Aldo Grasso: “Le prediche le può fare solo Celentano”. Alla faccia della banalità. Ma quali prediche? Gianni mi ha chiesto “Scrivimi un monologo su questi ragazzi stritolati dai reality. Gli fanno toccare il successo e poi? Come potranno ricominciare una vita normale? Fare l'idraulico, la sarta...”. Io ho eseguito il compitino da bravo soldato. E Grasso sul Corriere mi fa lui un predicozzo: “Morandi si faccia raccontare dal suo autore che drammi umani succedevano nel neo-realismo con gli attori presi e rigettati sulla strada”. Embé? Anche se quel cinema avesse massacrato la gente normale, ora c'è il semaforo verde? Bruciamoli vivi? Grasso che difende i reality mi manca. Adesso ce l'ho».
Tralasciando Grasso, Non facciamoci prendere dal panico sembrava il lato B di Rockpolitik. Hai avuto anche tu questa sensazione mentre lo scrivevi?
«No, mai. Che fosse un programma minore? Sì, ma lo sapevo da prima di cominciare. Morandi stesso, con la sua generosità, ci ha spesso ripetuto: “Per me, da sempre, Celentano è il numero uno, il più grande. Con lui non c'è partita”. E con la stessa franchezza le dico che Rockpolitik era, invece, un evento due mesi prima di andare in onda. Ossia quel che Adriano fa in onda è comunque minore rispetto all'attesa che crea. È l'attesa il suo spettacolo più riuscito. Quando ho raccontato al mio barbiere che avrei scritto per Morandi, mi ha sorriso e ha detto con affetto “Ancora Morandi?”. Gianni si dà a tutti, si dà forse troppo, ma è il lato generoso e semplice della sua natura. Adriano si sottrae, è il genio dell'assenza, se la lavora come un ragno. Però Non facciamoci prendere dal panico non è il lato B di niente. È la facciata A di una televisione che deve ripartire da zero. Stile, idee, valori. Bisogna rieducare il pubblico a una televisione pensata. Questo costa due o tre punti di share. Ma vale miliardi se si ha il coraggio di guardare al futuro. Prima di tutto: riportare i giovani su Raiuno. E con Morandi qualcosa si è mosso».
Complimenti per l'ottimismo. Terminato questo show tornerai in radio? Oppure hai altre idee nel cassetto?
«Non so. Mai avuto idee o sogni nel cassetto. Se un editore o un produttore mi chiamano, e la scatola è accattivante, io confeziono la sorpresa da metterci dentro. Adoro il mio mestiere».
Com'è stato il suo rapporto con Del Noce?
«So che si era molto arrabbiato per un mio monologo feroce alla radio contro certe sue esternazioni, e prima che cominciasse lo show di Morandi avrebbe gradito una mia lettera di scuse. Non l'ho scritta. E lui non mi ha impedito di fare il programma. Quando la cosa era passata in cavalleria, all'ultima puntata, gli ho scritto: “Ora che nessuno dei due deve niente all'altro, se l'ho umanamente ferita non le chiedo scusa, ma perdono”. Ha capito che non sono un leccapiedi, mi ha telefonato, ha apprezzato il gesto. Devo dire che non me l'aspettavo. Chapeau».
Alla persona Diego Cugia che cos'è che manca più di tutto?
«L'amore. Ma sai che Morandi fa anche miracoli? In queste settimane l'ho trovato. Una Donna con la D maiuscola.

E sono felice».

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