Anni fa, a Londra per un servizio giornalistico, volli fare una ricerca su Benjamin Disraeli e mi recai in una biblioteca suggeritami da Vero Roberti, allora bravissimo corrispondente del Corriere. Il librarian, il bibliotecario, accortosi chero italiano, si offrì di aiutarmi. Ebbi più notizie da lui che dai volumi consultati. Disraeli, comè noto, fu due volte premier inglese (1868 e poi 1874-80), leader incontrastato dei conservatori, antagonista del liberale Gladstone e promotore dellampliamento dei domini coloniali dellimpero britannico. La regina Vittoria, che gli riservò grande amicizia, lo nominò conte di Beaconsfield. Il cortesissimo bibliotecario londinese volle farmi notare che il padre di Benjamin era originario di Cento (Ferrara) e mi mostrò una enciclopedia in cui veniva citato come modesto ma non ignoto storico della letteratura inglese.
Questepisodio mè tornato in mente qualche settimana fa a Cuneo, invitato ad un dibattito nel bel Teatro Toselli. Con me partecipava al dibattito lo storico piemontese Aldo Alessandro Mola, che mi stupì per la sua profonda preparazione culturale. Mi premurai più tardi di cercare notizie su di lui in nostre enciclopedie e dizionari, ma inutilmente. Ho poi avuto occasione di avere per le mani le sue opere, davvero importanti e di gran pregio storico, e ancora oggi sono stupito che non ci sia traccia di lui in alcun annuario.
Un difetto tutto italiano, questa disattenzione. Rammento che negli anni Sessanta insorse una polemica perché nella enciclopedia Garzanti e nel dizionario letterario Zanichelli era ignorato Indro Montanelli, già storico popolare di successo, oltre che notissimo giornalista. Me lo fece notare Dino Buzzati, col quale, quandero inviato del Corriere, divisi una stanza al pianterreno di via Solferino. Del resto ancora oggi chiunque può notare, per esempio, che nella «Garzantina» non cè traccia di Panfilo Gentile, personaggio di notevole spessore culturale degli anni Sessanta. Vi ho trovato solo tre righe (tre) su Enrico Falqui, grande critico letterario, che ormai pochi ricordano, autore di Novecento letterario (ben dieci volumi), vera bibbia della letteratura italiana, unopera monumentale, unica.
Penso che una breve nota su questo giornale la meriti il professor Mola, sessantatreenne studioso piemontese di Saluzzo. Autore di saggi storici su Giolitti e lo Stato liberale, oltre che di una Storia della massoneria, testo di non poco conto pubblicato da Bompiani nel 1977. Per lo stesso editore è uscita la sua Storia della monarchia in Italia. E recentemente, nel 2003, nelle «Scie» di Mondadori è comparsa la biografia più documentata dello statista di Dronero: Giolitti, lo statista della nuova Italia.
Storico con i fiocchi, altroché, il Mola, di cui non va dimenticato, uscito recentemente nei tascabili di Bompiani, Silvio Pellico, carbonaro, cristiano e profeta della nuova Europa che ci consegna un Pellico assai diverso dal lacrimoso patriota de Le mie prigioni.
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