Come si dice Progetto in francese? A la dérive. Come si traduce à la dérive in italiano? Dimissioni. Si potrebbe giocare così, con la parole, occupandoci della Juventus attuale e contemporanea. Capita, ogni tanto nella storia del calcio. Capita alla squadra di Jean Claude Blanc e scrivo apposta il nome e il cognome del presidente-amministratore delegato-direttore generale del club. Martedì scorso, alla vigilia della partita di coppa Italia contro il Napoli, si era tenuto a Vinovo il famoso vertice tra dirigenti e squadra. Blanc aveva pensato di affrontare così la questione, chiudendosi all’interno dello spogliatoio con i soli calciatori e lasciando fuori dello stanzone i propri collaboratori e lo stesso allenatore: «Ditemi: siete con o contro Ferrara? Vi lascio un po’ di tempo per riflettere e rispondermi. A dopo». Dopo, i calciatori hanno risposto, Cannavaro a nome degli altri ma seguito da quasi tutti, con il silenzio di Del Piero: «Non si tratta di essere contro o a favore ma vorremmo avere un gioco».
È una commedia all’italiana, con personaggi e interpreti di vario tipo, origine e destinazione. Chi dovrebbe assumersi responsabilità e prendere decisioni, le scarica sugli altri. Il Chievo non era mai riuscito a battere la Juventus sul proprio terreno, infine ce l’ha fatta, senza aver dovuto esprimere una prestazione storica, irripetibile. La Juventus non ha mai tirato in porta, i suoi cosiddetti artisti, Diego e Del Piero, dati per risorti contro le riserve del Napoli, dai romantici sognatori, ieri non hanno mai tirato in porta e al loro fianco, si fa per dire, ha giocato, al debutto, Paolucci appena preso dal Siena, nel quale non riusciva a trovare spazio.
Blanc aveva detto tempo fa che la Juventus non ha problemi di bilancio e che non avrebbe operato al mercato di gennaio. Mentre l’Inter ha preso Pandev (due gol in due partite), alla Roma è arrivato Toni (2 gol ieri), il Milan ha ricreduto in Beckham, il Napoli ha fatto rientrare Dossena da Liverpool, a Torino hanno perso Lanzafame per la comproprietà di Mirante(!!!!) e si sono buttati (!!!) su Paolucci perché, come ha spiegato ieri Alessio Secco, il bilancio non permette altro. Qualcuno, dunque, non dice la verità oppure le idee sono poche e molto, troppo confuse. Ciro Ferrara è alla settima sconfitta, ha ottenuto 24 punti in 17 partite; Claudio Ranieri, che era stato esonerato per fargli posto, ha accumulato 35 punti nello stesso periodo e sabato si presenterà a Torino con una squadra rinvigorita e soprattutto «normale», con il recupero di Totti e l’innesto di Toni. Il numero clamoroso di infortuni, quarantadue dopo il ko di Grygera ieri pomeriggio, più ferite varie a Zebina e Cannavaro, è un alibi parziale perché, se gli assenti hanno ragione (Iaquinta su tutti, lo juventino più importante, tatticamente), i presenti sono la grande delusione della squadra: la gestione dell’intervento chirurgico di Buffon, le patetiche condizioni atletiche di Del Piero, l’abulia preoccupante di Diego, il bluff previsto di Felipe Melo, il tramonto di Grosso che vive di rendita dal calcio di rigore «mondiale», l’imbarbarimento tattico di Marchisio, sono la fotografia di una squadra che ha perso sostanza e forma. Le responsabilità vanno distribuite, dunque, e dal tunnel non si esce non certo con il confronto nello spogliatoio o con il nervosismo zitellesco tipico di Bettega che non guarda i numeri ma, dice lui, si fida soltanto dei suoi occhi. Per fortuna: basta vederla questa Juventus per capire che sono stati commessi degli errori e che il suo futuro è nel passato.
Bettega, per stizza e mancanza di argomenti profondi, porta come esempio di resurrezione il Milan, dimenticando un paio di particolari tecnici e strutturali decisivi: i rossoneri sono ancora in corsa in champions, gli artisti fanno la differenza e la società è immutata dalla fondazione dell’impero, gestita sempre dagli stessi dirigenti di grandissima esperienza. Forse anche in tal senso suggerirei a Bettega, e ai suoi sodali, che la Juventus avrebbe bisogno di recuperare gli assenti non soltanto in campo. E non sono Giraudo e Moggi.
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