Milano - Va detto: non è una posizione facile, quella di Beppe Signori, nel nuovo scandalo abbattutosi sul calcio italiano. Una lettura spassionata delle carte dell’indagine non lascia che due possibilità interpretative: o ai danni di Signori è stato ordito un terrificante complotto, chiamandolo in causa alle sue spalle ad ogni piè sospinto, facendo il suo nome nelle telefonate e confermando poi le false accuse negli interrogatori davanti ai giudici; oppure Signori è davvero nei guai. Ieri, per la prima volta Signori - agli arresti domiciliari ormai da una settimana - incontra i magistrati. Si presenta a Cremona, davanti al giudice preliminare Guido Salvini, non solo con l’avvocato di fiducia ma anche con l'investigatore privato che ha reclutato per dimostrare la propria innocenza. Quando l’interrogatorio finisce, il suo legale dice: «Ha risposto a tutte le domande. E ha spiegato che nell’incontro cui partecipò a Bologna gli venne proposto di truccare la partita Inter-Lecce ma rifiutò immediatamente».
Dice il legale di Signori: «Adesso chiederemo la revoca dell’ordinanza di custodia». Il problema, per Signori, è che di riferimenti al suo ruolo all’interno del gruppo dei «bolognesi» pullulano le carte dell’inchiesta. Come quella in cui il bookmaker Massimo Erodiani racconta il suo incontro con l’ex bomber: «Sai da chi sono stato ieri sera? Col Beppe Nazionale... in confronto a loro noi siamo una briciola, sono una organizzazione che fa paura una serietà incredibile». Alla riunione bolognese Signori giura di esserci finito a sua insaputa, invitato dal suo commercialista: ma è una spiegazione che non ha convinto i magistrati. D’altronde nei verbali dei giorni scorsi compaiono conferme e accuse ancora più esplicite contro l’ex azzurro. Secondo uno degli arrestati, Signori era l’unico del gruppo ad avere contatti con il misterioso personaggio, di cui si conosce solo il soprannome «Gigi», che viene descritto come il Grande Vecchio di questo mondo, quello in grado davvero di mettere le mani sulle partite della serie A.
Tracce precise per dare un nome e cognome a «Gigi» per ora non ce ne sono. Ma di certo alla Procura di Cremona qualche passo avanti in questa direzione piacerebbe farlo: come piacerebbe, più complessivamente, capire concretamente quali e quante complicità i tre gruppi di imbrogliapartite finiti sotto inchiesta avessero davvero nel mondo della serie maggiore. Le dichiarazioni dell’altroieri del procuratore Roberto Di Martino dicono una cosa precisa: la «sensazione» è che nel campionato maggiore lo scenario cambi, e dalle malefatte dei singoli giocatori si passi a un sistema di truffe e tradimenti che coinvolge interi club calcistici. Ma fino a questo punto si tratta, per l’appunto, solo di sensazioni.
Mentre sul fronte politico il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ha convocato per domani una riunione al Viminale con i vertici di Figc e Coni per fare il punto sulla task force investigativa, l’inchiesta, con l’interrogatorio di Signori, ha quasi concluso la sua prima fase. I diciotto episodi, le diciotto partite citate nell’ordinanza di custodia eseguita il 3 giugno, ne sono usciti confermati e aggravati. Sulle altre partite citate negli interrogatori dei giorni scorsi, una quindicina in tutto, gli inquirenti si vogliono muovere con cautela: in alcuni casi le tracce sembrano consistenti, in altri non vanno aldilà della semplice chiacchiera, accenni, «girava voce». C’è però un ultimo atto importante che deve ancora essere compiuto: l’interrogatorio di Marco Paoloni, portiere della Cremonese e poi del Benevento, il giocatore che - intossicando con un tranquillante l’acqua dello spogliatoio - ha fatto partire questa indagine.
Finora Paoloni, devastato dai debiti e dalle pretese dei clan prima ancora di venire arrestato, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Ma domani verrà interrogato dal pm Di Martino, e parlerà. Da quello che dirà, dipende in parte il futuro dell’indagine: perché ci sono molti episodi, tra quelli finiti sotto la lente degli investigatori, che potrebbero essere realmente avvenuti, ma anche essere stati partoriti esclusivamente dalla fantasia di Paoloni e dal suo bisogno di soldi. C’è il caso più noto, quello di Inter-Lecce, dove Paoloni palesemente si inventa accordi che non ha mai preso con giocatori della squadra pugliese (poi magari, come si intuisce da alcuni passaggi delle carte, la partita l’ha truccata davvero: ma questo è un altro discorso). Ma ce ne sono anche altri. Ieri uno dei calciatori citati nelle intercettazioni Daniele Corvia, attaccante del Lecce, accusa: «Era stato creato un utente Skype a mio nome, ma non l’avevo creato io».
Alcuni scommettitori, insomma, erano convinti di dialogare via Internet con il calciatore, e di prendere accordi con lui, e invece stavano parlando con qualcun altro. Con chi? Corvia sospetta che l’inventore della trovata fosse sempre lui, Paoloni. E potrebbe non essere stato l’unico caso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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