Il fatto che in Italia si parli soltanto della (pessima) finanziaria prossima ventura rischia di far passare sotto silenzio quel che sta succedendo in Libano. Lo sbarco delle nostre truppe è stato accompagnato da grande euforia e presentato in televisione con uno stile che ricordava vagamente «Lisola dei famosi». Per qualche giorno Prodi e DAlema hanno ancora detto qualche parola sul «grande successo diplomatico» dell'Italia. Poi, più nulla. I nostri soldati, però, in Libano ci sono. La missione costa molto cara, il che non manca di riflettersi sulla sullodata finanziaria. I cittadini italiani preoccupati e i contribuenti che pagano avrebbero diritto a qualche informazione in più.
Se in Italia vi è dunque una sorta di censura, di quanto avviene in Libano si occupa abbondantemente la stampa estera: da Israele agli Stati Uniti, ma anche dalla Siria all'Iran. Il presidente siriano Assad ha appena dichiarato che si prepara a una guerra con Israele e che nulla è cambiato quanto al sostegno del suo regime agli hezbollah. Gli ayatollah di Teheran assicurano che gli hezbollah saranno meglio armati fra qualche settimana di quanto fossero prima dell'inizio della guerra. La stampa israeliana scrive quotidianamente che Hezbollah con le sue articolazioni amministrative e ideologiche (spesso mascherate da organizzazioni caritative), controlla ampiamente il Sud del Libano. E si riarma giorno dopo giorno sotto il naso delle truppe dell'Onu, il cui maggiore contingente è quello italiano.
La coppia Prodi-D'Alema ha deciso di spedire i nostri soldati in Libano senza regole d'ingaggio vere, e con una finta. Si è detto che i soldati italiani non si sarebbero occupati del disarmo degli hezbollah ma la loro presenza avrebbe consentito all'esercito libanese di disarmare i terroristi. Ma tutti sanno che l'esercito libanese non può disarmare gli hezbollah perché è più debole di loro, e comunque non vuole farlo, perché è pieno di soldati sciiti che simpatizzano per i terroristi e ai suoi stessi vertici molti generali sono dichiaratamente anti-israeliani. Quanto a fermare i rifornimenti di armi dalla Siria e dall'Iran, il fragilissimo governo di Beirut non può certo sfidare Assad o Ahmadinejad.
Si impongono quindi due domande al governo. La prima è se è in grado di smentire che gli hezbollah stiano rioccupando le posizioni e si stiano riarmando sino ai denti. Una risposta negativa implicherebbe che la stampa di quasi tutto il mondo - dagli Usa alla Siria - sia curiosamente unita nel diffondere le stesse notizie false. Posto che la risposta alla prima domanda è ovvia - sì, gli hezbollah si stanno rafforzando e riarmando - la seconda è che cosa ci fanno i nostri soldati in Libano, esposti a rischi quotidiani da parte di cellule terroristiche indipendenti che nessuno controlla, e costosissimi per i contribuenti già tartassati da Visco. La professionalità dei nostri militari non è in discussione: in Irak, sostenuti dal passato governo, hanno fatto di Nassirya la zona del Paese con meno attentati terroristici. È invece in discussione la competenza dei dilettanti allo sbaraglio che hanno pensato e organizzato la missione. Se si tratta di distribuire aiuti alimentari o medici, bastano le organizzazioni umanitarie e non servono i militari.
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