Silvio va in piazza e lancia la "legione straniera"

Oggi ufficio di presidenza Pdl sui "futuristi" a Palazzo Chigi. Il Cavaliere sonda l’umore del gruppo "Misto" e annuncia la manifestazione del 3 ottobre a Milano. Urne ferme: il premier frena Bossi e predica prudenza. Sono quattro le regioni a rischio. Fini imparziale? Anche il Colle ha dei dubbi

Silvio va in piazza e lancia la "legione straniera"

Roma - Via con il freno a mano. Per prendere tempo e meditare al meglio una scelta che potrebbe essere decisiva per le sorti della legislatura. E pure per dare un po’ di corda al corposo pattuglione ministeriale che dopo le scintille di lunedì sera ad Arcore con la Lega passa l’intera giornata a Palazzo Grazioli nel tentativo di sedare l’incendio. Il solito inconveniente dei rientri a Roma, avrà pensato il Cavaliere mentre una dopo l’altra le tante colombe elencavano le ragioni che «impongono prudenza». Il rischio di un governo tecnico, l’imminenza della sentenza della Consulta sul legittimo impedimento e soprattutto l’eventualità di un Senato ingovernabile nel caso si torni nuovamente al voto oltre al pieno di voti che farebbe il Carroccio al Nord proprio a danno del Pdl. Tutto vero, ragiona Berlusconi mentre uno dopo l’altro arrivano a via del Plebiscito i coordinatori Verdini, Bondi e La Russa, i capigruppo Cicchitto, Gasparri e Quagliariello, i ministro Frattini, Alfano, Matteoli e Vito e i sottosegretari alla presidenza Letta e Bonaiuti. Tutto ineccepibile, se non fosse per il fatto che l’unico obiettivo di Fini è «logorarmi lentamente». Insomma, da una parte ci sono tutti i rischi che si porta dietro una crisi al buio ma dall’altra c’è la certezza che il presidente della Camera punta solo ad allungare i tempi, per cuocere a fuoco lento Berlusconi e pure per organizzare il suo nuovo partito che oggi non sarebbe pronto all’appuntamento con le urne.
Un vero e proprio dilemma, insomma. Ma con la consapevolezza che ogni mossa dovrà essere meditata. Per questo il premier non ha ancora commentato in pubblico l’intervento di Fini a Mirabello e potrebbe non farlo addirittura fino al 3 ottobre, quando a Milano chiuderà la Festa nazionale del Pdl. Anche se non è escluso che il Cavaliere possa decidere di intervenire direttamente nell’aula della Camera per porre la questione dell’incompatibilità di Fini con il suo ruolo. Si vedrà. Intanto durante gli incontri a Palazzo Grazioli mostra di non gradire l’insistenza di Bossi sul voto anticipato e sulla necessità di un intervento del Colle. Troppo urlati, riflette, e si rischia l’effetto opposto. Al Quirinale ci si andrà, probabilmente la prossima settimana, ma non per chiedere le dimissioni di Fini dalla presidenza della Camera - che non competono a Napolitano - quanto per esporre al capo dello Stato le difficoltà in cui versa la maggioranza.
Avanti a piccoli passi, dunque. Anche perché Verdini insiste nel dire che secondo i sondaggi della Ghisleri al Senato sarebbero a rischio regioni come Sicilia, Campania, Puglia e Lazio. Mica una cosa da poco se la differenza tra vittoria e sconfitta vale tra i sei e gli otto senatori a regione. Ecco perché il premier sta tentando, parole sue, la carta della «legione straniera». Verificare cioè se nella zona grigia del gruppo misto - da Noi Sud all’Mpa - si trovano i numeri per rimpiazzare i finiani e dare quindi una prospettiva alla legislatura. Altrimenti, spiega durante le sue conversazioni private, sarà un massacro continuo. Convergenze parlamentari che il premier sta cercando anche sul processo breve che come annunciato non sarà nei cinque punti programmatici ma che è tutt’altro che in sconfitta.
Nel frattempo, avanti nello stringere Fini e la sua pattuglia. Si comincia oggi pomeriggio, quando l’ufficio di presidenza del Pdl dovrebbe puntare il dito sull’incompatibilità dei finiani al governo: Ronchi, Urso, Menia, Viespoli e Buonfiglio. Facciano una scelta, sarà il senso del documento, perché non possono continuare a tenere il piede in due scarpe.

Incompatibilità che potrebbe allargarsi ai dirigenti locali, decisivi se davvero si tornasse alle urne. Con l’ex leader di An che sta già preparando le contromosse, tanto da avere già pronta una mozione di sfiducia al direttore del Tg1 Minzolini da presentare in commissione di Vigilanza.

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