Il sindaco fugge dai medici e si regala il bagno di folla

«Non proprio domani, ma da dopodomani torneremo a lavorare per la città più bella del mondo»

Michela Giachetta

Giacca in mano, stanchezza in volto. Veltroni arriva in Campidoglio alle 15 circa. È da poco uscito dal Gemelli per seguire i risultati delle elezioni. Per poche ore, è la previsione. Ma la giornata è lunga e si tratterrà fuori più del previsto. Si rinchiude in sala delle Bandiere con i suoi assessori per ringraziarli del lavoro svolto, per l’«armonia» con cui in questi cinque anni sono state affrontate le diverse situazioni. C’è anche la vicesindaco, Maria Pia Garavaglia, che durante l’incontro sottolinea come «di tutte le esperienze di lavoro in squadra, questa è stata la migliore». Poi, l’attesa, il sindaco la vive nel suo studio, con la moglie, le figlie e i suoi più stretti collaboratori. Poche le visite. Il presidente della Camera di Commercio, Andrea Mondello, il presidente della Provincia Enrico Gasbarra, che lascerà il Campidoglio verso le 17. Prima dei risultati definitivi, per scaramanzia o paura, non si vedono assessori. Nella Protomoteca, dove era fissato l’appuntamento coi cronisti, si aggirano portavoci, addetti stampa. Le televisioni accese trasmettono le prime proiezioni. Le voci si rincorrono. «Che dice il sindaco?» «Aspettiamo i dati ufficiali», fanno sapere gli uomini della sua squadra. Compare Giobbe Covatta, capolista dei Verdi. Uno scambio di battute: «Cosa avete in comune lei e Veltroni? Solo l’interesse per l’Africa?» «No, anche per la mozzarella di bufala». Arrivano ulteriori proiezioni, le notizie su Veltroni si accavallano.
Deve essere in ospedale verso le 21.30. Questa mattina si opera, un intervento non invasivo, con il litotritore, strumento a onde d’urto, che serve per frantumare il calcolo. Dopo l’operazione servono 48 ore di riposo. Intanto, lo spoglio nei seggi prosegue. Il risultato per il centrosinistra si consolida. E Veltroni, verso le 20, decide che ora sì, ora si può. Pochi minuti di dichiarazione. Seduto su una sedia, senza cravatta, con un sorriso che a fatica nasconde il dolore. E l’orgoglio per l’esito delle elezioni. «L’orgoglio di essere romani (il suo slogan in questa campagna elettorale, ndr) è qualcosa che si può vivere con la meraviglia di essere italiani». «Ringrazio i cittadini - continua - per il risultato che va al di là di ogni aspettativa e deve far riflettere tutta la politica, anche chi ha perduto le elezioni». Si sofferma poi sui dati ormai quasi ufficiali: «Non nascono da una campagna elettorale, ma da 1.500 giorni di lavoro, nelle città, nei quartieri, nelle scuole. È stato premiato uno stile di governo, votato solo a risolvere i problemi e non animato da uno spirito di parte». A microfoni spenti, fa un breve cenno alla sua salute: «Sono banalità, ci sono cose più serie, ma nella vita di una persona che ha lavorato per cinque anni, non essere presente gli ultimi tre giorni di campagna elettorale non è facile». Così come non è facile saltare il bagno di folla. Buona parte dei romani che lo hanno votato lo attende in piazza SS. Apostoli. Il sindaco arriva in macchina. Lo aspettano il vicepresidente del consiglio, Francesco Rutelli e il segretario dei Ds, Piero Fassino. Lascerà loro la parola, prima di intervenire.

E, quando è il suo turno, sul palco ormai c’è buona parte del centrosinistra romano: Goffredo Bettini, ideatore del «Modello Roma», il coordinatore della maggioranza Silvio Di Francia, i presidenti di Provincia e Regione. Compaiono anche la moglie e le figlie. Veltroni ringrazia tutti. E guarda al futuro: «Non proprio da domani, ma da dopodomani torneremo a lavorare per la città più bella del mondo». Parola di sindaco.

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