ONDE (Ita - 2005) di Francesco Fei, con Anita Caprioli, Ignazio Oliva - 92'.
Il rumore del mare, l'interno di una nave bianca, un respiro
«Francesca non vuole farsi vedere, Luca non può vedere, in un mondo perfetto il loro incontro sarebbe perfetto». Una Genova astratta dei «non luoghi», intrecciata e annichilita di rumori, non stereotipata, pulsante, coprotagonista, sostituisce
Londra, location iniziale. Due sagome scure davanti all'azzurro diafano di una vasca dell'Acquario: è l'incontro casuale che avvierà le onde della «non» narrazione. La pellicola vive infatti di una trama scarna, si disinteressa delle sceneggiatura, nutrendosi di grande creatività visiva ed attenzione agli sguardi, alle pulsazioni, alle visioni registiche. Ampie carrellate, inquadrature dall'alto, piani ravvicinati, macchine mano o steady cam, con una colonna sonora adeguatamente disturbante generano un microcosmo che si sussegue concentricamente, invaso da intrusioni delle telecamere dei centri commerciali.
È un film atipico, di ricerca, fuori dalle righe. Il 39enne fiorentino Francesco Fei (regista di corti e videoclip per Battiato, Ligabue, Pausini,ecc.) esordisce da indipendente assoluto, inventandosi progetto produttivo e finanziamenti, film, distribuzione e percorsi (il suo lungometraggio ha partecipato a ben 11 festival internazionali). È un esempio per il mondo contratto dell'industria cinematografia italiana che, come previsto, ha reagito con sottile fastidio. La fragile e turbata Francesca (Anita Caprioli - «Santa Maratona», «La guerra di Mario») ha una voglia violacea sul viso che genera difficoltà estreme nei rapporti col prossimo; Luca (il genovese Ignazio Oliva - «Io ballo da sola», «Tu devi essere il lupo») è un musicista non vedente, sereno, quasi autosufficiente. Lei va a trovare un'amica all'Acquario, lui è lì per ascoltarne i suoni. Quando si accorge che il ragazzo è cieco lo segue: Caricamento, via S.Luca, via dei Giustiniani, via S. Bernardo, la galleria tra Portello e la Zecca e infine verso l'alto, anche metaforico, attraverso la funicolare S. Anna. Un altro incontro all'aeroporto, in realtà Malpensa e dopo lui le esplora il viso su una panchina, non lontano di ripetitori del Monte Moro. Lei è rigida, spesso antipatica, chiusa. Eppure lentamente si apre («credi sia possibile che una persona nasca nel corpo sbagliato?»), con la certezza che lui non vedrà il suo handicap estetico. Passeggiano in via XX Settembre, l'amore si manifesta al supermercato (lei lo porta nel carrello), si baciano con il Wtc sullo sfondo. Quando un produttore televisivo (l'emergente Filippo Timi) interessato alle musiche di Luca la vede, teme che possa rivelare la sua menomazione celata. L'insicurezza della ragazza incrina il rapporto. Scappa via, per poi tornare pentita e non trovare più il ragazzo se non nell'immaginario.
Fei suggerisce piuttosto che affermare, soppesa e cura i silenzi, lavora con la lentezza, in sottrazione; mostra la Superba (ben fotografata da Matteo de Martini) in modo nuovo: dai tempi di «Padre e figlio» non era mai stata tanto protagonista. Luca la «vede» come «sinfonia di suoni» e così si orienta nei carruggi: ascolta le vibrazioni della città. Il suono è parte integrante dell'opera, mescola cacofonia e rumori, distorsioni e ambient: Basinski, Toral, Lucier, Julie's Haircut, Talk Talk con «Laughing Stock»; a tratti è volutamente al limite della sopportazione.
Poche le cadute (la ragazza che «sperimenta» la cecità in un black out, i pochi dettagli sui protagonisti, l'assenza di ironia): guarda caso la coppia è composta da una lei comunque bellissima e da un lui musicista altrettanto seducente. La Caprioli è straordinaria, giustamente implosiva, rende vita al personaggio. Sullo schermo compaiono anche piazza Lavagna, il Matitone, la Sopraelevata sotto e sopra (dal taxi), i giardini Baltimora, il grattacielo di piazza Dante, il Terminal traghetti, il viadotto Polcevera, il centro storico a volontà
durante la lavorazione la gente andava ad aiutare quello che credeva essere un non vedente. Una scena sotto i portici del «C. Felice» è stata tagliata, la spiaggia con ciminiere è a Rosignano, in Toscana; qualche scena si svolge a Milano. Un bel film, un puzzle dal finale aperto che propone una città con funzioni quasi psicosomatiche.
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