Antonio Signorini
da Roma
A preoccupare non sono i conti pubblici, il problema è quello della crescita. E se i dati dellOcse sono attendibili (difficile fare previsioni di questi tempi) significa che siamo di fronte a una crisi «di sistema». La risposta giusta in casi come questo è che ognuno faccia la sua parte. I sindacati, perché bisogna evitare tensioni sociali; gli industriali perché nel nostro Paese si investe molto in finanza e poco in produzione; le istituzioni perché cè bisogno di un mercato più trasparente. Il ministro dellEconomia Domenico Siniscalco era a Berlino per incontrare il collega tedesco Hans Eichel quando le agenzie stampa hanno diffuso loutlook dellOcse con i dati e le previsioni relative allItalia.
Il ministro ha confermato limpegno dellItalia per la riduzione del debito pubblico, ma non ha nascosto difficoltà. Poi ha lanciato messaggi forti su questioni più recenti, solo apparentemente scollegate, come il contratto degli statali. «Sono favorevole a chiudere, ma non a tutti i costi. Non mi sembra ragionevole entrare ora in una strategia di tensione sociale, ma il contratto deve essere chiuso decentemente», ha detto il ministro.
Messaggi anche per le altre componenti delleconomia, con un occhio di riguardo alle organizzazioni e istituzioni che si apprestano a celebrare le rispettive assemblee durante le quali diffonderanno i loro «ponderosi rapporti». Il riferimento è a Confindustria, a Bankitalia, ai banchieri dellAbi e a Confesercenti. «La mia esortazione - è il messaggio di Siniscalco, ispirato a una celebre frase di John F. Kennedy - è che non chiedano cosa il Paese può fare per loro, ma cosa loro possano fare per il Paese. Sarei molto deluso se alla fine ognuno dicesse allaltro cosa fare senza guardare in casa propria».
Le ragioni delle difficoltà economiche sono chiare. E gli industriali non sono estranei. «Sono - ha spiegato - il risultato di una crisi del sistema produttivo e soprattutto del versante export». Nel dettaglio «è la combinazione di un -0,8 per cento nella bilancia commerciale, di un +0,1 per cento nei consumi privati e un +0,1 per cento nei consumi pubblici». Cè poi un problema di costo del lavoro visto che «in Francia e in Germania ha avuto un andamento costante», mentre «da noi questo non si vede» e dal 97 si registra unampissima divaricazione di questo indicatore fondamentale.
Siniscalco assicura di sapere quale è la direzione che dovrebbe prendere il Paese per superare la crisi. Bisogna «ristrutturare il sistema produttivo». È necessario «uno sforzo congiunto per avere più industria e meno finanza, più produttività e meno parole, più investimenti, in un contesto che il governo può favorire. È incredibile - ha commentato il ministro - lammontare delle partite esclusivamente finanziarie messe in campo in questi giorni». Quindi «meno parole, più produttività, perché senza produttività non cè crescita. Meno dispersione di interventi e più focalizzazione, meno opacità, più mercato».
Il governo farà la sua parte. Siniscalco, in vista dellassemblea di Confindustria di domani, ha citato le misure che riguardano più da vicino il mondo delle aziende: «Noi metteremo sul tavolo lIrap e le liberalizzazioni, ma chiediamo da loro comportamenti coerenti».
Rassicurazioni anche sul versante dei conti pubblici. LOcse ha previsto un peggioramento del rapporto deficit-Pil, stimando per il 2005 il 4,4 per cento oltre a una contestuale crescita del debito pubblico. Su questo punto Siniscalco ha assicurato che il governo si opporrà «con ogni mezzo contro una eventualità di aumento del debito». Pesa anche la riclassificazione di alcune voci di bilancio operata da Eurostat nei giorni scorsi che ha portato a una correzione dei conti italiani degli ultimi due anni. Per il futuro, si è limitato a dire Siniscalco, «bisogna vedere come andrà il Pil», però - ha specificato - per quanto riguarda il debito pubblico «vedremo se possiamo provare a essere più coraggiosi nelle dismissioni». Un ruolo importante secondo Siniscalco lo giocherà il prossimo Dpef (il documento di programmazione economica e finanziaria) che potrebbe essere presentato prima della scadenza di luglio proprio per dare risposte ai dubbi di Bruxelles.
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