Marco Travaglio l’aveva ribattezzato nell’acquasantiera torbida degli scandali affibbiandogli il nomignolo di Bertoladro. O, a scelta, di Bertolaido. Ora l’Italia dei treni e degli aerei in panne lo rimpiange e sul Riformista, foglio della sinistra riformista, Peppino Caldarola scrive un fondo sorprendente fin dal titolo: «Siamo nostalgici di Bertolaso». Certo, Caldarola che non è di primo pelo, prova a bilanciare il suo peana al pensionato in felpa con un adeguato contrappeso verbale: «E’ in momenti come questi che capita persino di avere nostalgia degli impresentabili».
In effetti, solo poche settimane prima di chiudere mestamente la sua carriera per ragioni anagrafiche come un travet qualunque, Bertolaso era diventato l’ennesima palla al piede di un governo azzoppato. L’inchiesta sulla cricca, gli incontri a luci rosse - secondo l’ipotesi degli investigatori - con la fisioterapista Monica nella beauty farm del Salaria Sport Village, tutto il codazzo di voci e veleni, il personaggio aveva smarrito il carisma e dilapidato la popolarità guadagnata evento dopo evento.
Ma ora il disastro delle autostrade e delle Ferrovie, trasformate in gigantesche trappole per migliaia di viaggiatori, ha annacquato quelle invettive o, forse, ha modificato l’ordine delle priorità. Nessuno, o quasi, vuole infierire sul successore di Bertolaso, Franco Gabrielli, ma tutti, anche quelli che fanno finta di niente e ostentano distacco, sembrano voltarsi all’indietro e sognano il ritorno che non ci sarà. Non succederà, ma l’emergenza, anzi il panico di queste ore, costringe a riconsiderare certe bordate che adesso appaiono ingenerose. «Cosa aspetta questo signor Gabrielli a dimettersi immediatamente - afferma sanguigno il presidente del Codacons Carlo Rienzi - alla prima emergenza è riuscito a far rimpiangere Bertolaso».
E Caldarola sul Riformista gli tributa una sorta di standing ovation: «Questa volta ci è venuta la nostalgia di Bertolaso, il medico prestato allo Stato che decine di volte si è mostrato in grado di fronteggiare la cattiva sorte con decisioni rapide ed efficaci». Certo, Caldarola ricorda che la “sua “Protezione civile, «è stata efficace e provvidenziale anche verso chi non se lo meritava», ovvero i parenti e gli amici di cordata, ma per l’ex direttore dell’Unità «gli anni di Bertolaso saranno anche ricordati come quelli in cui il Paese si è sentito protetto da un manager pubblico che faceva molta scena ma che aveva anche tanta sostanza». E Alessandro De Angelis, sempre sul Riformista, riassume in due parole il rumore di fondo di queste ore: «Ridateci Guido».
Complimenti, lodi e lacrimucce postumi, dal punto di vista dell’operatività, ma pur sempre il riconoscimento di un modello che funzionava ed era stato esportato nel mondo insieme alle griffe del made in Italy. I tedeschi, che quanto a organizzazione non sono secondi a nessuno, erano rimasti affascinati dal metronomo della Protezione civile e dopo aver visto la macchina girare a meraviglia per i funerali di Papa Wojtyla e per l’insediamento di Benedetto XVI avevano chiesto «collaborazione e consulenza» al sottosegretario.
Era il sottosegretario più osannato del governo Berlusconi, il più popolare, il più pagato. L’eroe dell’Aquila e del fango. Poi era emersa quella consuetudine con un costruttore munifico come Diego Anemone, l’intercettazione scivolosa sulla «ripassatina» con la fisioterapista, i lavori appaltati nel diametro della famiglia. Era rimasto in bilico settimane, anzi mesi, infine era scivolato nel grigiore della pensione. Il riposo incerto del guerriero. Monumento nazionale quando era in attività, solo un ex nel declinante finale.
Adesso perfino a sinistra corrono a lucidare il piedistallo ormai vuoto e si accorgono che sotto la felpa non c’era (solo) un furbastro, ma un professionista capace di spingere tutto l’apparato. Lo stesso che si è fatalmente inceppato nelle scorse ore.
Bertolaso era il sottosegretario alle emergenze, ma aveva tolto il Paese dall’emergenza, scrollandogli di dosso un secolare complesso di inferiorità. Ora che siamo sprofondati, una maggioranza bipartisan vorrebbe rimetterlo, maneggione o no, su quel piedistallo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.