La sinistra militarizza la Regione

La sinistra militarizza la Regione

Paola Setti

Sandro Biasotti sogghigna col tono dell’io l’avevo detto: «Ormai si va verso un regime, lo sapete». Ecco, magari regime è esagerato, ma che la nuova gestione regionale sarebbe stata improntata a ordine e disciplina chi se lo sarebbe aspettato dal centrosinistra progressista. E invece. Ieri nella buvette della Sala verde di via Fieschi il barista urlava sbattendo piatti, di carta per fortuna. «Adesso butto via tutto e poi non porto più niente». Il consiglio è terminato alle 11.30, consiglieri e assessori se ne sono andati, nessuno lo aveva avvertito e tanti saluti ai rigatoni al forno e alla torta di gamberetti e zucchine. Per tutta la mattinata poi, i «non autorizzati» sono stati allontanati dal bar e da martedì prossimo avranno il divieto di farsi servire un caffè. Signore e signori è l’era Ronzitti, fine della bisboccia e diamoci una regolata.
Il regolamento c’è già e verrà fatto rispettare, altro che via vai. «Ma se vogliono un ragazzino che gli serva i caffè facciano pure, io non ci sto, sono un professionista, io». Lui, Enzo Verteramo, da anni fa sognare i succhi gastrici di chi passa davanti al bancone. Una riga di brioches di ogni dimensione, strisce di focaccia appena sfornate, culatello con melone e poi i cocktail, lo scorso Natale ne inventò una sfilza dai nomi e dai colori tutti diversi. È finita la festa, è il monito di Ronzitti. Ieri era girata la voce che anche ai giornalisti sarebbe stato vietato l’accesso alla buvette. Biasotti ad annunciare un’interpellanza in difesa del diritto di stare al bar a cercare di carpire notizie, è da lì che arrivano le più succose, i cronisti a minacciare lo sciopero dell’aula, infine Re Mino il Severo ha ceduto ma all’urlo di: «Metterò lo stesso ordine». Nulla, comunque, a confronto delle «disposizioni sull’accesso alle sedi regionali site in Genova» impartite dal direttore generale della Direzione centrale Risorse umane, finanziarie, strumentali e informatica, nota di protocollo numero 80830/3 del 16 maggio, in vigore dal primo giugno.
Il sistema dei controlli sarà severissimo e nessuno potrà fare il furbo, perché i guardiani faranno le ronde. È tutto un «esclusivamente». Per dire: guai a chi prova a entrare da un’entrata che non sia la principale: «L’accesso, sia per i dipendenti che per i visitatori o fornitori di materiali e servizi, è previsto esclusivamente dal piano atrio. Gli altri accessi (autorimesse, primi piani e piani sottostanti) sono riservati esclusivamente agli amministratori e al personale autorizzato per motivi di servizio».
Se entrare è difficile figurarsi andarsene: le uscite di sicurezza vanno utilizzate «esclusivamente in caso di emergenza» e, sia chiaro, sono «appositamente allarmate e controllate da videocamera con registrazione delle immagini». In generale, i varchi di accesso sono dotati di metal detector per l’«esame non invasivo dei contenuti di cartelle, borse pacchi ed altri colli». Dicono che la regola sia stata imposta per evitare che qualcuno si portasse a casa i monitor dei computer. E infatti il vigilanti devono «esperire gli opportuni accertamenti», anche attraverso «l’esame visivo» se pure «previa autorizzazione della persona interessata». E il personale che se ne va passando dall’autorimessa «con materiale del patrimonio regionale», deve presentare autorizzazione scritta.
Rigore massimo per i visitatori. Potranno accedere solo dopo che il guardiano avrà accertato che qualcuno li aspetta in ufficio. Saranno muniti di tesserino di riconoscimento e schedati in apposito registro in caso debbano partecipare a riunioni interne. E non pensino di aggirarsi indisturbati per il palazzo, perché «giri di ronda da parte di personale della guardiania ai vari piani permettono di verificare la reale attuazione del sistema».

Se poi qualche ligio volesse lavorare nei festivi si faccia autorizzare. Perché i guardiani hanno l'obbligo di chiudere «tutti i locali» dalle 17 del venerdì alla «nottata antecedente il normale orario di ufficio». Come a Natale.

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